Rapporto annuale sulla scuola in Sardegna curato dal Centro Studi Carlo Carretto con il contributo della Fondazione di Sardegna

INDICE

Introduzione                                                                                       7

Presentazione                                                                                    9

Capitolo primo:
La Sardegna in generale                                                                   13
1.1  La suddivisione delle province                                14
1.2  La lingua                                                                                      16
1.3  Demografia sarda negli ultimi anni                                         17
1.4  Popolazione straniera                                                               19
1.5  Caratteristiche delle famiglie sarde                                        23
1.6  Il lavoro                                                                                        25
1.7  L’economia                                                                                 27
1.8  La cultura e titoli di studi della popolazione sarda               29

Capitolo secondo:
La scuola sarda
2.1  L’istruzione in Sardegna e in Italia                                          33
2.2  Abbandono scolastico                                                               33
2.3  Dati scolastici della Sardegna e dell’Italia                              35
2.4  Istruzione scolastica italiana                                                     38
2.5  La Buona Scuola                                                                         54
2.6  Dimensionamento scolastico                                                   55

Capitolo terzo:
L’Università in Sardegna
3.1  Iscritti in Italia                                                                             58
3.2  Iscritti in Sardegna                                                                     60
3.3  Orientamento all’Università in Sardegna                               66
3.4  Mobilità interna                                                                         68
3.5  Mobilità esterna                                                                         73

Capitolo quarto:
Trentino Alto Adige
4.1  Analisi territoriale                                                                      75
4.2  Demografia                                                                                 76
4.3  Il bilinguismo                                                                               77
4.4  Sistema scolastico                                                                      78
4.6  Studenti stranieri                                                                       79
4.7  Università                                                                                    80
Capitolo quinto:
Confronto sull’istruzione tra la Sardegna e il Trentino Alto Adige
5.1  Orientamento                                                                             86
5.2  Dispersione scolastica                                                               94
5.3  Formazione professionale in Sardegna                                  97

Fonti                                                                                                     104

Allegato 1: Piano di dimensionamento della rete scolastica A.S. 2016/2017 della Regione Sardegna

Allegato 2: Deliberazione Piano di Dimensionamento delle istituzioni scolastiche A.S. 2016/2017

 

 

 

 

 

 

Introduzione

Lo studio del Centro Studi Carlo Carretto 2017, analizza nel dettaglio la situazione della scuola in Sardegna, con un focus particolare su tre temi che a nostro giudizio dovrebbero essere presi in seria considerazione da chi amministra le politiche scolastiche a tutti i livelli regionali: l’orientamento, la formazione professionale e il tema della dispersione scolastica.

Per meglio approfondire i tre temi abbiamo analizzato l’organizzazione scolastica della Regione del Trentino Alto Adige, regione modello in Italia per i numeri sempre positivi sulle tre voci sopra citate.

Il Trentino come esempio, anche perché è una Regione a statuto speciale come la Sardegna e quindi anch’essa dotata di una grande autonomia nelle scelte.

Come ogni anno, lo studio dedica ampio spazio iniziale all’analisi demografica ed economica della Sardegna, che punta ad evidenziare la tendenza ormai quasi omogenea dello spopolamento in tutta l’isola.

Il 2016 conferma la perdita costante di abitanti, con un segno meno 5.616 alla fine dell’anno nella voce del saldo naturale, che descrive la differenza tra i nati vivi e i morti. Dato non compensato dal saldo migratorio, che seppur positivo, più 613, non riesce ad abbassare di troppo la differenza, che fa segnare nel saldo totale un meno 5.003 persone in un anno.

Nell’analisi che seguirà vedremo i dati sulla demografia incidono e non poco sui numeri legati all’istruzione, dove il segno negativo porta in dote un calo nelle iscrizioni con la conseguente chiusura soprattutto nei piccoli centri montani di tante scuole. Pesano e non poco in molte zone le scelte relative al dimensionamento scolastico, spesso inevitabile per i piccoli numeri di bambini rimasti in molti centri.

In questo momento di grandi difficoltà per il sistema economico e sociale regionale, nell’istruzione regionale mancano adeguate politiche di orientamento, e l’offerta didattica diminuisce spesso limitando nelle scelte i giovani studenti, non attratti da corsi che poco offrono come prospettiva reale di formazione e di futura occupazione. Non si adegua l’offerta al territorio e ciò spesso comporta una alta percentuale di abbandoni scolastici non compensata da un’alternativa formazione professionale, ridotta nei corsi e spesso disponibile solo nei centri maggiori.

Anche in questo caso le politiche regionali, pagano una mancata organizzazione che adegui l’offerta a quelle che sono le reali esigenze di mercato, che non possono essere legate, come spesso accade, solo alla stagionalità nei mesi estivi.

Le soluzioni vanno cercate ed attuate rapidamente per permettere a chi studia in Sardegna di essere competitivo nel mercato del lavoro, non più solo regionale ma in quello internazionale.

La scarsa attrattività dell’isola è evidenziata dallo scarso numero di stranieri che si trasferiscono per vivere o per cercare lavoro e le politiche messe in campo fino ad ora non hanno avuto nessun riscontro positivo. La prospettiva futura è di un’isola con sempre meno abitanti, dove si prevede un calo di ben trecento mila abitanti da qui al 2060, e di uno spostamento degli abitanti dal centro della Sardegna alle grandi città lungo le coste, ricche di servizi e fornite di trasporti adeguati, con la possibilità dell’effetto ciambella, con un grande vuoto nell’interno e la conseguente cancellazione di tanti piccoli centri.

La domanda che ci poniamo è: perché uno dovrebbe vivere in un paese isolato, con poche offerte di lavoro, povero di servizi essenziali e spesso a costi alti per il tenore di vita per se e per i figli e non invece cercare altre soluzioni altrove?

Ai posteri l’ardua sentenza, alla nostra generazione il compito di invertire la tendenza.

 

 

 

 

Presentazione

Quali elementi significativi può evidenziare un rapporto sul sistema di istruzione che cerchi, per quanto possibile, di fornire elementi utili non soltanto alla conoscenza della situazione, ma anche indicativi di possibili strade per affrontare in maniera più efficace i problemi?

Le statistiche sul fenomeno della dispersione scolastica in Sardegna, i risultati delle Prove Invalsi, i rapporti OCSE-PISA confermano la relazione stretta e imprescindibile tra le caratteristiche socio-culturali ed economiche degli studenti e delle famiglie dalle quali essi provengono e i livelli di apprendimento conseguiti, sino a partire dai primi anni di scuola. La scuola agisce in un contesto che, dunque, non è neutro. Lo stato di profonda crisi economica in cui versano in particolar modo alcune zone dell’Isola colpite dai fenomeni di deindustrializzazione, il solco netto che divide le aree densamente urbanizzate dalle periferie e dall’interno che via via si spopola, obbligano ad una riflessione che vada oltre l’azione di miglioramento delle politiche scolastiche.

Oggi siamo in grado di affermare che l’ascensore sociale attivato dal sistema di istruzione funziona non soltanto in virtù di fattori attinenti alla qualità intrinseca della formazione degli studenti, ma anche se è presente un tessuto economico e imprenditoriale pronto ad accogliere lo studente che si diploma con un determinato profilo di conoscenze e competenze. In caso contrario il sistema di istruzione si inceppa generando da una parte dispersione, dall’altra l’incapacità dello stesso sistema scolastico di orientare e riorientare gli studenti verso opportunità professionali deboli se non quando assenti.

La prova che il sistema di istruzione beneficia di un tessuto economico-imprenditoriale e più solido, articolato e strutturato emerge con chiarezza anche dal confronto dei Rapporti di Autovalutazione degli Istituti Tecnici e Professionali nel nostro Paese (consultabili per chi desiderasse approfondire sul sito del MIUR “Scuola in Chiaro”). Paragonando infatti i risultati ottenuti dagli allievi dagli Istituto Tecnici e Professionali situati nelle aree economicamente forti della penisola si rileva che le performance, gli abbandoni e le bocciature sono notevolmente inferiori, laddove il sistema imprenditoriale svolge un ruolo di orientamento forte sulle scelte degli studenti e sulla motivazione stesso allo studio. La scelta della scuola dopo il ciclo di istruzione primaria è dettata perciò da forti motivazioni attitudinali e non, come spesso accade in questi casi, da una scelta residuale dettata dalla difficoltà oggettiva degli studenti a proseguire gli studi con profitto.

La sfida che la scuola si trova a dover affrontare si gioca dunque su due livelli differenti: una sfida interna e una sfida esterna. La prima è nella disponibilità della scuola, ma anche delle scelte politiche sul sistema scolastico. La principale difficoltà oggi è quella di aumentare significativamente le competenze di lingua italiana, matematica e di lingua straniera. Non sempre, soprattutto per la lingua inglese, le scelte politiche hanno sostenuto questa esigenza ormai imprescindibile, ad esempio eliminando dalla scuola primaria la maestra specialista di lingua inglese e lasciando a qualche sporadica sperimentazione l’insegnamento della lingua straniera nella scuola dell’infanzia.

Nel caso della Regione Sardegna, con il Progetto Iscola, appaiono efficaci gli interventi contro la dispersione scolastica tesi a colmare le lacune nella lingua italiana e nella matematica nel primo biennio delle secondarie di secondo grado. Condivisibile anche l’introduzione del supporto psicopedagogico nelle scuole. Sembra invece meno efficace l’intervento rivolto alle situazioni di bisogni educativi speciali determinati da condizioni socio-culturali svantaggiate le quali predicono in maniera altamente probabile oltreché l’abbandono scolastico anche la devianza. E’ in queste situazioni che la scuola non è in grado di destinare competenze, strutture e flessibilità tali da poter affrontare in maniera efficace le problematiche emergenti; è in questi casi che un efficace sistema formativo parallelo, teso a creare percorsi personalizzati e flessibili per gli studenti che manifestano evidenti difficoltà a frequentare i corsi scolastici normali, può risultare importante al fine del contenimento dei fenomeni di abbandono scolastico.

I percorsi di Alternanza Scuola Lavoro (ASL) potrebbero svolgere un ruolo positivo arricchendo il curriculum degli studenti di una parte pratica e operativa che nel caso del sistema scolastico italiano e stata spesso trascurata. Ma anche in questo caso emergono dei profili di inadeguatezza importanti proprio in relazione all’introduzione obbligatoria di un percorso durante l’anno scolastico che a detta di molti è artificioso, spesso di scarsa significanza e addirittura ostacolante la normale attività didattica. Un’altra criticità rilevata è che l’onere organizzativo ricade interamente sui docenti i quali spesso non hanno il tempo e le competenze per svolgere efficacemente il compito di tutoraggio nei confronti degli studenti. Vi è poi, in Sardegna soprattutto, un contesti povero di offerta imprenditoriale per cui l’inserimento nelle strutture ospitanti risulta estremamente difficoltoso se non quando impossibile. Senza entrare nel merito della disputa su chi è pro e su chi è contro l’ASL, è vero che appare necessario un profondo ripensamento della stessa impostazione in relazione alle priorità che emergono per il nostro sistema di istruzione e soprattutto per non applicare in maniera posticcia soluzioni che in altre nazioni (pensiamo al sistema duale tedesco) fanno riferimento a un sistema industriale e imprenditoriale ben più strutturato ed economicamente solido.

Sul fronte della politica regionale dobbiamo purtroppo registrare che poco si è fatto per sfruttare appieno le prerogative legislative concorrenti che consentirebbero di adottare soluzioni più idonee per la specialità sarda. Manca ancora una legge sull’istruzione capace di affrontare coerentemente le problematiche legate allo spopolamento delle zone interne e al conseguente dimensionamento scolastico. Non emergono con chiarezza le strategie di attacco dell’abbandono scolastico che degenera in devianza e anomia, fenomeno sempre più presente e preoccupante nelle nostre scuole. Concludiamo dunque segnalando che le soluzioni per migliorare l’efficacia del sistema di istruzione non sono semplici e non possono basarsi, come spesso è accaduto in passato, sulla propaganda di un riformismo vuoto e inconcludente, più attento al consenso dell’opinione pubblica che ai bisogni reali della società e degli studenti. In questo caso un confronto sereno sui numeri e sulle priorità aiuterebbe a individuare i bisogni più urgenti, a indirizzare le politiche di istruzione e formazione della nostra Regione e a personalizzare gli interventi senza disperdere le poche risorse disponibili.

 

Prof. Gianfranco Strinna

Dirigente scolastico Liceo

“Margherita di Castelvì” Sassari

CAPITOLO PRIMO: LA SARDEGNA IN GENERALE
In questo capitolo verranno analizzati gli aspetti della Sardegna in generale. Analizzeremo e rielaboreremo i dati attraverso l’utilizzo delle tabelle che prenderanno in esame la demografia dell’intera isola prima del Referendum abrogativo del 2012, in cui troviamo una divisione delle provincie differente rispetto ad ora.
Poi si passerà all’analisi della lingua sarda distribuita in tutta la Sardegna, che viene accompagnata dai diversi dialetti relativi alle zone. Si prenderà successivamente in considerazione il saldo dei nati e dei morti confrontando diversi anni, in cui emerge una diminuzione delle nascite rispetto ai decessi. Questo squilibrio però viene compensato dalla presenza di stranieri (extracomunitari, comunitari e migranti) nell’isola, che rappresenta ormai parte integrante del tessuto della popolazione sarda.
Confronteremo le caratteristiche delle famiglie sarde con i dati nazionali, in cui emergerà che le percentuali sarde rispecchiano più o meno quelle italiane.
Verrà poi preso in esame il lavoro sardo, in cui emerge la presenza dei ‘’Neet’’ (not in education employment or training) nella nostra società, ovvero quei giovani che non studiano, non lavorano e non intraprendono alcun tipo di formazione. Nell’economia sarda si presentano diversi settori, dall’allevamento al settore terziario, mettendo in evidenza anche le attività tradizionali presenti nell’isola. In conclusione in ambito culturale nello specifico artistico-letterario, la regione Sardegna risulta avere un’alta propensione alla lettura rispetto al totale nazionale.

  • La suddivisione delle province
SARDEGNA  
Età Totale
Stato civile Totale
Tipo di indicatore demografico popolazione al 1º gennaio
Seleziona periodo 2017
Sesso maschi femmine totale
Territorio                  
Sardegna   811407 841728 1653135
  Sassari   162846 170270 333116
  Nuoro   76786 79310 156096
  Cagliari   273593 286780 560373
  Oristano   79210 81536 160746
  Olbia-Tempio   80098 80574 160672
  Ogliastra   28245 28940 57185
  Medio Campidano   48839 49784 98623
  Carbonia-Iglesias   61790 64534 126324

Dati ISTAT

La Sardegna è un’isola che presenta 1.653.135 abitanti (2,8% dell’intera popolazione nazionale).
Il territorio si suddivide nelle seguenti province:

  1. Nuoro; che comprende anche i territori della vecchia Ogliastra. La provincia di Nuoro stima 52 comuni a cui si aggiungono i 23 dell’ex “provincia di Ogliastra”. La popolazione del nuorese nell’anno 2017 ammonta ad un totale di 213.281 abitanti (105.031 uomini e 108.250 donne)
  2. Sassari; a cui si aggiungono i territori della vecchia provincia di “Olbia-Tempio”). La provincia di Sassari presenta 92 comuni con una popolazione totale di 493.788 abitanti (242.944 uomini e 250.844 donne).
  3. Oristano; ha 87 comuni con una popolazione di 160.746 (79.210 uomini e 81.536 donne)
  4. Provincia del Sud; ingloba le vecchie province del Medio Campidano, Carbonia-Iglesias, e alcuni comuni della ex provincia di Cagliari, che vengono esclusi dalla nuova Provincia “Città Metropolitana di Cagliari”. La Nuova Provincia del Sud ha 358.229 abitanti con 107 comuni.
  5. Città Metropolitana di Cagliari; quest’ultima si espande su 17 comuni. La popolazione ammonta ad un totale di 431.700 abitanti.

I dati che prendiamo in considerazione (Istat 2017) presentano le 8 provincie a prima del Referendum Abrogativo del 2012, a seguito del quale alcune province verranno inglobate in altre.
Possiamo notare che la maggior parte della popolazione è concentrata sulle provincie di Sassari e Cagliari. Infatti in Sardegna la divisione territoriale ha portato alla creazione di tre macro aree per superficie territoriale corrispondenti alle province di Cagliari, Sassari e Nuoro. Il dato sulla popolazione residente evidenzia un picco per la provincia di Cagliari con 550.580 abitanti, il 33,6% del totale. Segue Sassari con 328.043 abitanti equivalente al 20% del totale.
La maggior parte della popolazione è concentrata sulle provincie di Sassari e Cagliari secondo i dati Istat; la popolazione femminile è maggiore rispetto a quella maschile (51% DONNE, 49% UOMINI).

 

 

 

 

1.2 LA LINGUA

 

La Sardegna si presenta come un mosaico di lingue differenti (dialetti), ognuna associata alla zona in cui viene parlata. Il dialetto che viene parlato con più frequenza è il campidanese, seguito dal logudorese. Ciò che accomuna tutti i dialetti delle varie zone è il la lingua sarda. Il sardo è una lingua neolatina (come italiano, francese, rumeno, spagnolo, portoghese) nata cioè dalla fusione del latino dei conquistatori romani con le parlate locali.
Grazie alla situazione geografica della Sardegna, più isolata e quindi meno sottoposta a influenze straniere, il sardo è la lingua neolatina che è rimasta più vicina alla base originaria. Vi si trovano ancora elementi di greco (soprattutto nei nomi geografici, come Olbia) e di punico (Macomer viene da ‘’Maqom’’ che significa città).
Col termine Sardo si intendono le varietà dialettali della Sardegna con esclusione di Alghero, isola linguistica catalana, e di Carloforte e Calasetta, isole linguistiche genovesi.

Il Sardo si suddivide in cinque principali varietà:
– Nuorese, parlato nel centro dell’isola e nel Goceano con centro a Nuoro;
– Gallurese, parlato nella parte Nord-Orientale della Sardegna;
– Sassarese, nella città di Sassari e adiacenze;
– Logudorese, parlato nel centro-Nord della Sardegna;
– Campidanese, nel Sud dell’isola.

Mentre il Nuorese e il Logudorese sono le lingue che meno di ogni altra hanno subito le influenze continentali, il Campidanese, pur conservando i tratti caratteristici del Sardo, si avvicina di più ai dialetti italiani di tipo centro-meridionale.
Anche il Gallurese ed il Sassarese hanno subito un’influenza continentale; sono infatti di tipo toscano, anche se si sono sviluppati al fianco di quello Sardo.

 

 

1.3 LA DEMOGRAFIA NEGLI ULTIMI ANNI

Anno Maschi Femmine  Totale
2009 819.518 851.483 1.671.001
2012 800.451 837.395 1.137.846
2014 814.953 848.906 1.663.859
2017 811.407 841.728 1.653.135

Dati ricavati da “Demo.istat”

Da questi dati possiamo notare che il numero della popolazione sarda dal 2009 al 2017 è diminuita di circa 20.000 abitanti. Notiamo che tra gli anni esaminati la popolazione è maggiore nel 2009 e nel 2014 mentre subisce cali nel 2012 e nel 2017. Questo può essere più evidente esaminando la seguente tavola sul saldo dei nati e morti.

 

Anno Nati Morti Saldo naturale
2009 13.508 14.996 -1488
2012 12.444 15.626 -3182
2016 10.527 16.143 -5616

Dati ricavati da “Demo.istat”

Notiamo che tra gli abitanti negli anni 2009 e 2016, i decessi sono maggiori delle nascite e quindi abbiamo una diminuzione notevole della popolazione.
In Italia come in Sardegna si registrano ormai più morti che nascite. Con una popolazione che invecchia, senza gli immigrati lo sbilanciamento sarebbe più accentuato. Il numero di nascite diminuisce non solo per la difficoltà di avere figli desiderati, ma anche per la progressiva riduzione delle potenziali madri.

 

Anno 0-20 21-40 41-64 Ultra 65
2009 309.054 1.361.947 575.414 312.680
2014 288.492 420.752 604.484 350.131
2017 276.758 383.391 618.286 374.700

Dati ricavati da “demo.istat”

Possiamo constatare che la popolazione vive più a lungo e si riducono i rischi di morte in età avanzata, ma cresce il numero di persone nell’età in cui i rischi sono più elevati. La bassa natalità non porta solo ad una riduzione della popolazione, ma anche ad una accentuazione dello squilibrio strutturale. Il numero di anziani aumenta grazie ai miglioramenti delle condizioni di vita in età avanzata, le riduzioni delle nascite porta ad una riduzione del numero di giovani.

1.4 POPOLAZIONE STRANIERA

L’arrivo di stranieri non compensa il calo della popolazione in Sardegna. La differenza di numeri tra nascite e morti a favore dei secondi, viene solo attenuato dalla presenza degli stranieri (comunitari, extracomunitari e migranti) distribuiti in diverse zone della Sardegna.

In Sardegna la popolazione straniera ammonta a 47.425 stranieri residenti, di questi 13.849 sono non comunitari. La loro presenza totale incide del 2,9% rispetto alla popolazione sarda, mentre gli extracomunitari occupano lo 0.8%. Gli stranieri che arrivano in Sardegna provengono principalmente dalla Romania (13.955), dal Senegal (4.470), dal Marocco (4.319) e dalla Cina (3.259).
Il 62,8% della popolazione stranieri appartiene alla fascia di età che va dai 25 ai 54 anni.

Anno Maschi Femmine Totale
2009 13.411 16.126 19.537
2014 18.517 23.642 44.159
2017 23.631 26.685 50.346

Dati ricavati da “demo.istat”

Una voce fondamentale nell’analisi della popolazione è quella relativa alla popolazione straniera ormai parte integrante del tessuto sociale nazionale, che garantisce il mantenimento dei numeri legati ai cittadini residenti. Le province che accolgono il maggior numero di stranieri sono quelle di Cagliari con 4.221 nuovi iscritti, Olbia – Tempio con 3.133 e terza Sassari con 2.003. I numeri inferiori li segnano invece l’Ogliastra con 241 nuovi stranieri, il Medio Campidano con 343, seguite dalla provincia di Carbonia – Iglesias con 512.
In Italia i numeri dicono che nel 2013 ci sono stati 1.118.366 nuovi iscritti stranieri e tra questi la prevalenza è femminile con 562.962 donne, mentre i maschi sono 555mila. Per quanto riguarda il 2014 la tabella che segue serve a far luce sulla popolazione in Sardegna e in Italia e la sua divisione, per quanto riguarda le fasce di età presenti, il sesso, e nel dettaglio scopriremo anche la situazione nelle singole province sarde.

I numeri ci indicano che nel 2014 in Sardegna sono presenti 42.159 stranieri, con una predominanza femminile di 23.642 rispetto ai maschi che sono 18.517. La classe di età più numerosa è quella compresa tra i 15 e i 39 anni con 15.393 cittadini. Le province dove risiedono il maggior numero di stranieri sono Cagliari con 13.880, Olbia – Tempio con 10.678 e Sassari con 7.607. Numeri limitati invece nelle province dell’Ogliastra con soli 1.120 stranieri presenti, Medio – Campidano con 1.412 e Carbonia – Iglesias con 2.020. Il dato nazionale nella divisone per classi di età rispecchia quello sardo e vede prevalere la fascia compresa tra i 15 e i 39 anni sempre con una prevalenza delle femmine.

 

 

 

 

 

 

CITTADINI NON COMUNITARI

In questa tavola sulla popolazione studieremo i numeri riguardanti i cittadini non comunitari regolarmente presenti in Italia negli anni compresi tra il 2012 e il 2014.

Un dato importante da leggere è quello della divisione tra maschi e femmine. In Sardegna il dato totale parla di un aumento di sole 20 unità tra il primo e il terzo anno, passando dai 12.953 del 2012 ai 12.955 del 2014. In Italia invece diminuiscono passando dai 1.741.501 del 2012 ai 1.695.119 del 2014, quindi negli ultimi anni considerati non si può certo parlare di invasione o neanche di aumento di numeri. In Sardegna i maschi sono presenti in numero maggiore con 6.809 rispetto alle femmine che sono 6.146 e risiedono prevalentemente per motivi di lavoro e per motivazioni legate alla famiglia. Anche in Italia sono presenti più uomini, 872.861, rispetto alle donne che sono 822.258. Colpisce il numero irrilevante di cittadini non comunitari che arrivano in Sardegna per lo studio, solo 267, mentre in Italia risultano essere 50.059.

1.5 Caratteristiche delle famiglie sarde

Sardegna Maschi Femmine Totale %
Celibi/Nubili 397.395 344.620 742.015 44.7
Coniugati/e 383.378 384.694 768.072 46.3
Divorziati/e 14.101 18.123 23.224 2
Vedovi/e 18.375 97.462 115.827 7

 

Italia Maschi Femmine  Totale %
Celibi/Nubili 13.641.747 11.900.653 25.542.400 42.1
Coniugati/e 14.485.092 14.683.481 29.168.573 48.1
Divorziati/e 584.343 871.345 1.445.688 2.4
Vedovi/e 745.139 3.753.751 4.498.890 7.4

Da questi dati emerge che le percentuali sarde rispecchiano quelle nazionali. Il numero percentuale dei celibi/nubili sardi supera di circa 2,6% la percentuale nazionale. Per quanto riguarda i coniugati/e il valore nazionale risulta maggiore rispetto a quello sardo di circa 1,8% e infine rimangono costanti le percentuali di divorzio e dei vedovi/e. Si può notare che per quanto riguarda i vedovi sono in minoranza rispetto alle vedove (vedovi 15,8% del totale e vedove 84,2%). Così si presenta anche il dato nazionale (16,5% vedovi e 83,5% vedove).
Dal dato relativo ai vedovi sia in Italia ( 745.139) che in Sardegna (18.375) si evince che la popolazione femminile vive più a lungo rispetto a quella maschile, per questo motivo le vedove rappresentano la maggioranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

1.6 IL LAVORO

(Sardegna 2015)

Abitanti 1.658.138
Forza lavoro 684.000
Occupati 565.000
Disoccupati 119.000
Inattivi 431.000
Pensionati 440.000

Fonte ISTAT

Per quanto riguarda il lavoro in Sardegna, gli abitanti che esercitano una forza lavoro sono 648.000 (il 41% della popolazione). Chi si trova in minoranza sono i disoccupati, che rappresentano il 7,1% della popolazione.
Un numero elevato si presenta anche per quanto riguarda gli inattivi detti anche NEET (not in education, employment or training).
I NEET sono quei giovani che non studiano, non lavorano e non intraprendono percorsi formativi. La fascia di età di riferimento è quella che va dai 15 ai 29 anni.
Nella fascia che va dai 15 ai 29 anni, circa un giovane su tre non si preoccupa della propria istruzione, non segue corsi di formazione e nemmeno va a caccia di un’occupazione.
Una fetta di generazioni che costa alle casse pubbliche sarde e statali 1,7 miliardi di euro all’anno, secondo una stima fatta dall’osservatorio economico Seo. Il 5,6 per cento del prodotto interno lordo dell’Isola: la Sardegna, sotto questo aspetto, è quartultima in Italia: la percentuale dei neet è salita negli ultimi anni fino ad arrivare – secondo i dati del Censis al 34,2 per cento. Solo Campania (36,3 per cento), Calabria (38 per cento) e Sicilia (40,3 per cento) hanno un risultato peggiore. E la media italiana è ferma al 26,2 per cento. In Sardegna il numero di chi non cerca lavoro e non studia è aumentato di quasi 9 punti dal 2010 a oggi. L’incidenza maggiore nel Medio Campidano (39 per cento), quella minore in provincia di Oristano (27,4 per cento).

 

Sardegna 2004 2010 2016
15-29 anni 76.452 68.717 72.780
% 24.1 25.4 30.5

 

Italia 2004 2010 2016
15-29 anni 1.939.620 2.052.230 2.214.130
% 19.6 22 24.3

 

Nel 2016 la media nazionale dei neet era di 24,3%. In Sardegna invece la percentuale era invece di 30,5%. Rimaniamo ancora molto indietro al livello europeo, poiché la media europea è del 12,8%. Possiamo constatare attraverso queste tavole che il numero di neet in Sardegna dal 2004 al 2016 è, seppur di poco, diminuito del 6% circa, a differenza dei dati nazionali che presentano dal 2004 al 2016 un aumento di circa 5%.

 

 

 

1.7 L’ECONOMIA

L’economia sarda si basa su: allevamento, agricoltura, pesca, miniere, industria e settore terziario.

L’allevamento
La Sardegna, non è più solo un’isola di pastori, anche se nell’isola si trova circa un terzo dell’intero patrimonio ovino e caprino italiano
L’allevamento della pecora sarda rappresenta una voce fondamentale nell’economia, specie delle zone centrali e interne dell’isola. Oltre alla carne, dal latte ricavato si ricava una grande varietà di formaggi.

L’agricoltura
L’agricoltura sarda è oggi legata a produzioni specializzate come quelle vinicole e olivicoltura quelle del carciofo, unico prodotto agricolo di esportazione. La piana del Campidano, la più grande pianura sarda produce avena, orzo e frumento, della quale è una delle più importanti produttrici italiane. Tra gli ortaggi, oltre ai rinnovati carciofi, sono di un certo peso la produzione di arance e di barbabietole.

La pesca
La pesca è oggi un’attività che i Sardi stanno riscoprendo sempre di più. È molto praticata a Cagliari, ad Alghero e nelle coste del Sulcis: da queste zone proviene la maggior parte del pescato sardo. Nell’Oristanese, invece i pescatori lavorano nei vasti stagni e nelle peschiere, specie come anguille e cefali. Nelle zone di Alghero e di Santa Teresa è presente la pesca alle aragoste insieme alla raccolta del corallo. Sono importanti anche l’attività di tonnare di Carloforte e di Portoscuso, gran parte dei tonni pescati in Sardegna vengono esportati persino in Giappone.

Le miniere
La Sardegna è la regione italiana con il sottosuolo più ricco di minerali: I giacimenti più ricchi si trovano nell’Iglesiente, nel Sarrabus, nel Sulcis, nella Nurra e nella zona dell’Argentiera.
L’attività estrattiva, attualmente, sta subendo un periodo di crisi e molte miniere sono state chiuse perché sono diventate antieconomiche.

L’industria
La nascita del settore industriale sardo contemporaneo (escludendo il settore minerario) è dovuta all’apporto di finanziamenti statali (’60,’70).
La politica economica si è caratterizzata in quei anni con la formazione dei “poli di sviluppo” industriali, a Cagliari, Porto Torres e in un secondo momento ad Ottana.
Nell’Ogliastra e nel Nuorese si trovano aziende specializzati nella produzione di fibre tessili sintetiche e industrie della carta (Arbatax). Di portata ancora limitata sono invece le industrie manifatturiere.

Il terziario
Il settore terziario ha conosciuto nella Sardegna un boom soprattutto legato a Internet e alle nuove tecnologie. La Sardegna ha una delle più alte percentuali di utenti collegati alla Rete (in proporzione alla popolazione) in Italia e un’alta concentrazione di attività legate all’Information & Communication technology.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.8 LA CULTURA E I TITOLI DI STUDIO DELLA POPOLAZIONE SARDA

In Sardegna nonostante un livello di cultura più basso rispetto a molte regioni di Italia si legge molto, e nel confronto tra gli altri anni presi in considerazione si assiste a una crescita dei lettori i quali leggono più di 12 libri superando la media nazionale. La seguente tabella ci mostra un quadro che ci descrive una popolazione molto attiva per quanto riguarda la cultura e la lettura.

2011 2012 2013 2014
Guardano la tv (a) 94,0 92,8 93,0 90,0
di cui qualche giorno (b) 7,9 9,2 8,8 10,7
Ascoltano la radio (a) 62,8 59,4 59,9 61,6
di cui tutti i giorni (b) 58,2 56,7 56,4 55,5
Leggono quotidiani almeno una volta alla settimana (c) 68,4 63,1 63,2 57,2
di cui 5 volte e più (d) 52,8 43,4 47,8 49,5
Leggono libri (c) (e) 46,7 45,8 45,3 45,7
da 1 a 3 libri (d) 45,7 44,0 46,1 41,5
12 e più libri (d) 13,1 16,1 13,9 16,8

Fonte: Istat – Aspetti della vita quotidiana.
(a) Per 100 persone di 3 anni e più della stessa zona
(b) Per 100 spettatori e/o ascoltatori di 3 anni e più della stessa zona
(c) Per 100 persone di 6 anni e più della stessa zona
(d) Per 100 lettori di 6 anni e più della stessa zona
(e) Almeno un libro negli ultimi 12 mesi.

La tavola prende in esame la popolazione che include le persone dai 3 anni in su che guardano la televisione e ascoltano la radio, e persone di 6 anni e più che leggono quotidiani e libri per frequenza. Il 57,2% sardi leggono i quotidiani almeno una volta a settimana, mentre il 49,5% cinque giornali a settimana contro la media nazionale del 47,1% per una volta e 37,5% per 5 volte e più a settimana. Altra lettura interessante quella che riguarda la lettura dei libri nelle tre sottovoci: in Sardegna leggono libri almeno il 45,7% della popolazione, superando nel confronto la media nazionale che si ferma al 41,4%; nella voce che evidenzia la lettura da uno a tre libri la media sarda è di 41,5%, inferiore a quella nazionale. Si può notare anche la percentuale di quanti guardano la tv, il 90% sardo contro il 91,1% complessivo italiano.

 

 

 

 

 

I titoli di studio della popolazione sarda a confronto con i dati italiani

Italia Dottorato, Laurea e diploma univ. Diploma di scuola second. superiore Qual. Prof. Licenza di scuola media Licenza di scuola element. o nessun titolo Totale
2011 5.719 14.742 2.886 16.312 11.562 51.221
2012 6.073 14.874 3.032 16.272 11.207 51.457
2013 6.368 15.135 3.036 16.338 10.889 51.768
2014 6.619 15.551 2.958 16.503 10.378 52.009
2015 6.847 15.702 2.814 16.691 10.016 52.070

 

Sardegna Dottorato, Laurea, diploma universitario Diploma di scuola secondaria superiore Qualifica professionale Licenza di scuola media Licenza di scuola elem. nessun titolo Totale
2011 143 377 40 559 327 1.446
2012 152 369 42 561 323 1.448
2013 155 376 36 566 319 1.452
2014 148 380 37 581 310 1.455
2015 165 397 32 563 300 1.457

Constatiamo dei numeri molto bassi per quanto riguarda la Sardegna a confronto con i dati nazionali, poiché gli studenti in Sardegna rappresentano un numero ridotto. Nel 2015 gli studenti sardi che hanno raggiunto un titolo di studio (dalla licenza elementare al dottorato) rappresentano il 2,8% della percentuale nazionale. A una diminuzione delle persone che hanno preso la licenza di scuola elementare da 327 del 2011 a 300 del 2015 compensa l’aumento delle persone che hanno conseguito una laurea passando da 143 del 2011 a 165 del 2015.
Si può notare che per quanto riguarda il diploma di scuola superiore c’è stato un aumento dal 2011 al 2015 di circa 20 persone.

CAPITOLO SECONDO: LA SCUOLA SARDA

2.1 L’ISTRUZIONE IN SARDEGNA E IN ITALIA

L’istruzione in Italia è regolata dal Ministero del’Istruzione, Università e Ricerca (Ministro Valeria Fedeli), con modalità diverse secondo la forma giuridica: la divisione è tra le scuole pubbliche, paritarie e private. La formazione professionale è invece di competenza delle regioni.
Gli studenti in Italia iscritti alla scuola primaria di secondo grado  sono 1.743.587, mentre in Sardegna sono 44.105 e di questi lo 0,9% interrompe gli studi prima del raggiungimento del titolo. Per quanto riguarda le scuole secondarie, in Sardegna, il 5,4%  degli studenti abbandona  la scuola prima della conclusione ed è il tasso più alto in Italia ( 4,3% ).

2.2 ABBANDONO SCOLASTICO

La Sardegna, è la seconda regione in Italia – con la Campania – per numero di ragazzi che, in condizioni di disagio, abbandonano precocemente la scuola, l’ 8,1% su un tasso nazionale del 13,8% . Secondo quanto emerge dai dati del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca elaborato nel dossier Dispersione di “Tuttoscuola”, uno studente italiano su tre abbandona la scuola statale superiore senza aver completato i cinque anni, un dato che in alcune regioni, come le isole, arriva a quota 35.
“Negli ultimi quindici anni quasi tre milioni di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il corso di studi”, spiegano gli autori del dossier. “Si tratta del 31,9 per cento dei circa nove milioni di studenti che hanno iniziato in questi tre lustri le superiori nella scuola statale”.
Un fenomeno nazionale, che unisce nord e sud passando per il centro e le isole. Si passa da regioni più virtuose come l’Umbria e le Marche dove circa l’80% degli studenti termina il quinquennio, a regioni come la Sicilia, la Sardegna e la Campania dove  il dato arriva a poco più del 60%.
Nel 2000 i ragazzi non arrivati al diploma del quinto anno erano stati 216.805 cioè il 36,8% di quelli che erano presenti al primo anno. Nel 2014 si è scesi alle 167 mila unità, pari al 27,9%. Di questi 69 mila sono usciti dopo il primo anno, 22 mila dopo il secondo, 39 mila dopo il terzo, 37 mila prima dell’ultimo anno. Concentrandosi sul biennio dell’obbligo al livello nazionale, il 15% dei giovanissimi italiani nell’anno scolastico 2013/2014 ha lasciato i banchi senza completare il terzo anno delle scuole superiori.
I numeri cambiano molto tra i vari indirizzi scolastici. Nell’istituti professionali quattro studenti su dieci lasciano i banchi prima del quinto anno, a fronte di circa due su dieci del liceo scientifico e classico. Anche gli indirizzi artistici hanno un tasso di abbandono molto alto: il 35-36%.

Per quanto riguarda la voce dell’istruzione riferita all’esercizio del 2015 come evidenziato nel “Giudizio sul rendiconto generale della regione Sardegna” dalla Corte dei Conti (pagina 43), il finanziamento della regione per l’istruzione è pari a 468,9 milioni di euro. Gli impegni però sono stati limitati a 285 milioni, quindi solo il 60%. Gli stanziamenti potrebbero essere sufficienti ma gli impegni sono limitati e di conseguenza le politiche programmate sulla scuola sarda. Questo potrebbe evidenziare i limiti competitivi dell’istruzione in Sardegna.

 

2.3 DATI SCOLASTICI DELLA SARDEGNA E DELL’ITALIA

SCUOLA DELL’INFANZIA

N° SCUOLE N° CLASSI N° ISCRITTI N° STRANIERI
Italia: 23.515 71.800 1.647.702 165.506
Pubblica 15.378 50.047 1.166.851 136.087
Privata 8.137 21.753 480.851 29.419
Sardegna: 766 1.964 41.771 833
Pubblica 515 1.400 30.023 731
Privata 251 564 11.748 102

Dati Istat 2014

Da queste tabelle possiamo dedurre che abbiamo un numero maggiore di iscritti nelle scuole pubbliche, rispetto a quelle private. Notiamo che, in Italia il 10% degli iscritti sono stranieri, mentre in Sardegna occupano solo il 2%.

SCUOLA PRIMARIA

SCUOLE CLASSI ISCRITTI RIPETENTI STRANIERI
Italia 16.995 114.762 2.799.553 10.153 280.463
Pubblica 15.482 135.237 2.612.538 9.621 275.566
Privata 1.513 9.525 187.015 532 4.897
Sardegna 527 3.779 67.379 180 1.698
Pubblica 505 3.653 64.896 178 1.647
Privata 22 126 2.483 2 51

Dati Istat 2014

Continuiamo con l’analisi con i dati delle scuole primarie che comprende bambini di età 6-10 anni , gli stranieri costituiscono il 10% degli iscritti come abbiamo notato nella tabella precedente, i ripetenti in Italia includono lo 0,3% degli iscritti, mentre in Sardegna comprendono lo 0,2%


SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

SCUOLE CLASSI ISCRITTI RIPETENTI STRANIERI
Italia 8.045 81.443 1.743.587 59.816 168.214
Pubblica 7.359 78.317 1.677.868 59.136 166.523
Privata 686 3.126 65.719 680 1.691
Sardegna 330 2.334 44.105 2.528 1.203
Pubblica 324 2.308 43.553 2.518 1.184
Privata 6 26 552 10 19

Dati Istat 2014

Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado comunemente chiamate ”scuole medie”, le quali comprendono ragazzi dai 11 ai 13 anni. Nella tabella notiamo che il 3,4% degli studenti in Italia sono ripetenti mentre in Sardegna sono circa il 6% . Gli stranieri costituiscono il 9,6% degli iscritti e in Sardegna il 2,7%. Nella scuola italiana ci sono in media  22 ragazzi per classe contro la media sarda di 18 alunni per classe.

 

 

 

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

SCUOLE CLASSI ISCRITTI RIPETENTI STRANIERI
Italia 7.041 125.850 2.647.057 198.509 180.619
Pubblica 5.387 117.591 2.534.938 189.565 177.655
Privata 1.654 8.859 112.119 8.944 2.964
Sardegna 225 3.810 74.003 9.853 1.307
Pubblica 196 3.687 74.852 9.659 1.298
Privata 29 123 1.151 194 9

Dati istat 2014

In questa tabella sono rappresentati i dati della scuola secondaria di secondo grado (le superiori), notiamo come nelle altre tabelle che i ripetenti in italia corrispondono al 7% degli iscritti, mentre in sardegna corrisponde al 13%; possiamo notare un aumento del 6% rispetto alla media nazionale. Gli stranieri in Italia comprendono il 6,8% e in Sardegna il 1,7%. Nelle scuole superiori in Italia la media di regazzi per classe è di 21 mentre in Sardegna la media è di 19 ragazzi.

 

 

2.4 ISTRUZIONE SCOLASTICA ITALIANA

Tab 1 – Istituzioni scolastiche per regione_ A.S. 2016/2017
Regione Istituzioni Scolastiche CPIA* Totale
Piemonte 555 12 567
Lombardia 1.130 19 1.149
Veneto 601 7 608
Friuli Venezia Giulia 167 4 171
Liguria 189 6 195
Emilia Romagna 524 12 536
Toscana 478 11 489
Umbria 140 1 141
Marche 239 2 241
Lazio 726 10 736
Abruzzo 194 3 197
Molise 53 2 55
Campania 1.001 7 1.008
Puglia 661 7 668
Basilicata 123 2 125
Calabria 372 6 378
Sicilia 850 10 860
Sardegna 278 4 282
Totale 8.281 125 8.406

 

CPIA*: Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti

 

Tab.2 – Istituzioni scolastiche statali per tipologia e regione_ A.S. 2016/2017
Regione Circoli Didattici Istituti Comprensivi Istituti Principali di I grado Totale I ciclo II ciclo e Istituzioni Educative Totale Istituzioni Scolastiche
Piemonte 45 314 23 382 173 555
Lombardia 2 777 1 780 350 1.130
Veneto 1 398 0 399 202 601
Friuli Venezia Giulia 0 108 0 108 59 167
Liguria 0 122 0 122 67 189
Emilia Romagna 27 312 14 353 171 524
Toscana 23 281 10 314 164 478
Umbria 24 67 5 96 44 140
Marche 3 147 0 150 89 239
Lazio 6 464 1 471 255 726
Abruzzo 8 116 5 129 65 194
Molise 3 26 1 30 23 53
Campania 124 504 52 680 321 1.001
Puglia 87 307 41 435 226 661
Basilicata 0 77 0 77 46 123
Calabria 3 231 3 237 135 372
Sicilia 97 465 34 596 254 850
Sardegna 19 153 9 181 97 278
Totale 472 4.869 199 5.540 2.741 8.281

La tabella qui sopra riportata riguarda  la suddivisione delle classi per regione. Emerge la distribuzione delle istituzioni scolastiche statali a livello territoriale, possiamo notare che in Lombardia ci sono più istituzioni scolastiche a confronto con le altre regioni d’Italia . La Sardegna insieme ad altre regioni presenta meno istituzioni scolastiche.

 

Graf. 2 – Sedi scolastiche statali_ A.S. 2016/2017

In questo grafico notiamo come la scuola primaria sia la più frequentata con il 37% a differenza della scuola secondaria di secondo grado che costituisce solo il 13%. Anche la scuola d’infanzia ha una percentuale elevata di iscritti che equivale al 33%, infine la scuola secondaria di primo grado presenta il 17%.

 

 

Tab. 3 – Sedi scolastiche statali per regione e livello scolastico_A.S. 2016/2017
Regione Infanzia Primaria I grado II grado Totale sedi scolastiche
Piemonte 1.089 1.274 518 345 3.226
Lombardia 1.324 2.197 1.099 647 5.267
Veneto 606 1.384 579 358 2.927
Friuli Venezia Giulia 302 364 155 123 944
Liguria 311 421 172 121 1.025
Emilia Romagna 733 947 433 304 2.417
Toscana 921 938 395 328 2.582
Umbria 314 288 112 95 809
Marche 489 438 221 158 1.306
Lazio 1.054 1.133 568 457 3.212
Abruzzo 475 410 214 142 1.241
Molise 124 124 73 49 370
Campania 1.576 1.505 740 631 4.452
Puglia 985 732 416 478 2.611
Basilicata 220 196 139 106 661
Calabria 874 841 445 287 2.447
Sicilia 1.549 1.410 647 566 4.172
Sardegna 497 486 315 196 1.494
Italia 13.443 15.088 7.241 5.391 41.163
           

 

 

 

 

Tab. 4 – Alunni, classi, alunni con disabilità per regione_scuole statali A.S.2016/2017
Regione Totale
Alunni Classi Alunni con disabilità
Piemonte 540.138 25.367 14.248
Lombardia 1.190.393 54.208 35.442
Veneto 604.299 28.433 15.701
Friuli Venezia Giulia 145.346 7.367 3.380
Liguria 173.404 8.103 5.695
Emilia Romagna 547.048 24.588 15.673
Toscana 482.162 22.124 13.007
Umbria 119.057 5.771 3.564
Marche 215.079 9.983 6.500
Lazio 737.940 34.303 23.211
Abruzzo 176.856 8.716 6.341
Molise 39.983 2.083 1.125
Campania 909.010 44.664 25.022
Puglia 607.065 28.068 16.730
Basilicata 81.244 4.233 1.788
Calabria 285.422 15.015 7.084
Sicilia 754.438 36.679 23.859
Sardegna 207.524 10.892 6.139
Italia 7.816.408 370.597 224.509
       

 

La tabella 4 riguarda gli alunni e le classi in Italia suddivisi per regione, nelle quali viene riportato anche il numero previsto di alunni con disabilità. La regione con il più alto numero di disabilità è la Lombardia con il 15% rispetto all’Italia mentre la regione con il livello di disabilità è il Molise che costituisce lo 0,5%.

 

 

Tab. 5 – Alunni, classi, alunni con disabilità per regione e livello scolastico  delle scuole statali A.S.2016

La tabella numero 5 riporta i dati riguardanti gli alunni, le classi e gli alunni con disabilità , divisi  per regioni ma soprattutto per grado d’istruzione .

 

 

Relativamente alla scuola secondaria di II° Grado, di Graf. 3 mostra la distribuzione degli studenti per percorso di studi.

 

 

Graf. 3 – Alunni per percorso di studi Scuola secondaria di Il grado statale_A.S. 2016/2017

 

 

 

 

 

 

Possiamo notare come il numero di  iscritti al primo anno sono molto di più rispetto agli iscritti all’ultimo anno di circa 50.000. I ragazzi scelgono maggiormente come indirizzi di studi i liceo con 1.248.219 iscritti nell’ anno scolastico 2015/2016.

 

 

 

Tab.7 – Alunni con cittadinanza non italiana per regione e livello scolastico _A.S.2016/2017 (valore atteso)

Regione Infanzia Primaria I grado II grado Totale
Piemonte 11.904 27.731 14.430 16.964 71.030
Lombardia 25.407 80.556 39.839 40.980 186.783
Veneto 10.337 35.508 17.250 17.654 80.749
Friuli Venezia Giulia 2.747 7.084 3.470 3.930 17.231
Liguria 3.414 7.618 4.571 6.330 21.933
Emilia Romagna 12.696 36.138 17.882 23.330 90.047
Toscana 11.220 23.507 13.488 17.057 65.272
Umbria 2.921 5.740 3.230 4.292 16.184
Marche 4.463 8.721 4.512 6.246 23.942
Lazio 9.577 25.777 15.401 18.790 69.546
Abruzzo 2.694 4.520 2.609 3.106 12.930
Molise 231 408 317 423 1.379
Campania 3.464 7.160 4.697 5.655 20.976
Puglia 2.901 5.485 3.455 4.063 15.904
Basilicata 482 835 624 715 2.656
Calabria 1.731 3.782 2.256 3.759 11.528
Sicilia 3.684 7.799 5.467 6.485 23.435
Sardegna 643 1.655 1.157 1.333 4.788
Italia 110.518 290.025 154.657 181.114 736.313

 

 

 

 

 

Tab. 8 – Posti comuni e di sostegno per regione_Scuola statale
_ A.S. 2016/2017
Regione Posti comuni Posti di sostegno Totale posti
Piemonte 47.339 8.085 55.424
Lombardia 101.479 16.755 118.234
Veneto 51.811 7.723 59.534
Friuli Venezia Giulia 13.922 1.579 15.501
Liguria 15.353 2.240 17.593
Emilia Romagna 46.031 6.713 52.744
Toscana 42.034 7.270 49.304
Umbria 10.811 1.939 12.750
Marche 18.413 3.216 21.629
Lazio 62.407 14.364 76.771
Abruzzo 15.777 2.870 18.647
Molise 4.090 799 4.889
Campania 79.047 17.805 96.852
Puglia 50.151 10.865 61.016
Basilicata 8.354 1.205 9.559
Calabria 28.169 3.945 32.114
Sicilia 64.572 13.224 77.796
Sardegna 20.440 3.975 24.415
Italia 680.200 124.572 804.772

       

 

 

 

 

Tab. 10 – Posti di sostegno per regione_Scuola statale
_ A.S. 2016/2017
Regione Posti di sostegno Posti di sostegno in deroga Totale posti di sostegno
Piemonte 6.193 1.892 8.085
Lombardia 13.425 3.330 16.755
Veneto 6.304 1.419 7.723
Friuli Venezia Giulia 1.322 257 1.579
Liguria 2.212 28 2.240
Emilia Romagna 5.841 872 6.713
Toscana 4.810 2.460 7.270
Umbria 1.261 678 1.939
Marche 2.494 722 3.216
Lazio 11.127 3.237 14.364
Abruzzo 2.496 374 2.870
Molise 670 129 799
Campania 12.415 5.390 17.805
Puglia 8.016 2.849 10.865
Basilicata 959 246 1.205
Calabria 3.585 360 3.945
Sicilia 10.669 2.555 13.224
Sardegna 2.681 1.294 3.975
Italia 96.480 28.092 124.572
       

 

 

 

Serie storica delle principali grandezze del sistema scolastico.

Nei grafici successivi sono rappresentate la serie storica della variazione  percentuale degli alunni, classi e posti comuni rispetto all’ a.s. 2011/12 (Graf.4) e quella del numero degli alunni con disabilità e dei posti di sostegno a partire dall’a.s. 2007/08 (Graf.5)

Graf.4- serie storica di alunni classi e posti comuni_ AA.SS.2011/2012- 2016/2017

 

 

 

 

Grafico 5- serie storica degli alunni con disabilità e dei posti di stostegno_AA.SS 2007/08-2016/17

Nota: per rendere omogenei i dati nella serie storica, per gli aa.ss. 2015/16 e 2016/17 sono stati esclusi dal confronto i posti di potenziamento.

 

 

 

APPENDICE

I dati sulle scuole paritarie si riferiscono all’anno scolastico appena concluso (2015/2016) e sono stati elaborati utilizzando le informazioni acquisite dalle Rilevazioni sulle scuole.
Le scuole paritarie nell’a.s. 2015/16 erano 13.267 e gli studenti pari a 939.372. La scuola dell’infanzia si conferma il settore educativo che assorbe maggiormente gli studenti delle scuole paritarie: 586.442 bambini distributivi in 9.508 scuole.

App.1-scuole paritarie per livello scolastico_A.S 2015/16

 

 

 

App.1_bis – Scuole paritarie per livello scolastico e regione_A.S. 2015/2016
Regione Infanzia Primaria I grado II grado Totale
Piemonte 560 76 52 75 763
Valle d’Aosta 8 3 1 3 15
Lombardia 1.764 240 190 362 2.556
Trentino Alto Adige 162 11 15 22 210
Veneto 1.134 94 66 109 1.403
Friuli Venezia Giulia 180 21 12 17 230
Liguria 245 49 24 21 339
Emilia Romagna 820 75 45 59 999
Toscana 435 84 29 53 601
Umbria 88 10 4 9 111
Marche 105 15 7 28 155
Lazio 761 219 96 205 1.281
Abruzzo 123 19 7 28 177
Molise 31 2 33
Campania 1.107 335 47 306 1.795
Puglia 497 51 10 41 599
Basilicata 50 3 10 63
Calabria 378 28 11 40 457
Sicilia 808 108 28 223 1.167
Sardegna 252 25 6 30 313
Italia 9.508 1.468 650 1.641 13.267

 

 

 

2.5 LA BUONA SCUOLA

Il percorso di riforma della scuola iniziato nel 2014, denominato dal governo Renzi “La Buona Scuola”, è stata approvata dalle due Camere del Parlamento e negli anni è stata modificata con una serie di decreti governativi, fino alle modifiche del 2017 apportate dal Governo Gentiloni e all’approvazione della Buona scuola bis.
Questa prevede una modifica del ruolo del preside e delle sue funzioni che deve:

  • Gestire unitariamente la scuola;
  • Rappresentare legalmente l’istituzione che dirige;
  • Gestire le risorse finanziarie,umane e strumentali;
  • Dirigere e coordinare le risorse umane;
  • Organizzare le attività scolastiche in base a criteri di efficacia ed efficienza;
  • Assicurare le qualità della formazione, collaborazione culturale, sociale, professionale ed economica del territorio interagendo con gli enti locali,la libertà di scelta educativa e il diritto di apprendimento.

Compiti specifici derivanti dalla gestione della scuola sono:

  • La presidenza del Collegio dei Docenti, dei Consigli di Classe, del Comitato di valutazione e della Giunta esecutiva del Consiglio d’ istituto;
  • L’esecuzione delle delibere di questi collegi;
  • Il mantenimento dei rapporti con l’autorità scolastica centrale e periferica;
  • La formazione delle classi, il ruolo docenti, il calendario delle lezioni.

Le competenze e i compiti, sopra descritti, sono stati potenziati dalla Legge n° 107/2015 che, si legge al Comma 1, dà piena attuazione all’Autonomia delle Istituzioni scolastiche.

 

 

2.6 DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO

Il dimensionamento scolastico, determina l’accorpamento di diversi istituti di diverso ordine e grado. Vista la riduzione degli abitanti in tutta l’isola con conseguenze più evidenti nei piccoli centri  si è assistito contemporaneamente a una riduzione drastica degli studenti di ogni ordine e grado. Spesso per porre rimedio alla possibile cancellazione delle scuole di ogni ordine e grado si è proceduto con l’accorpamento. I paesi in questo caso mantengono un presidio scolastico e la conseguenza prima, il taglio dei dirigenti scolastici e il personale amministrativo. Il dimensionamento scolastico in diversi casi riguarda vari comuni vicini tra di loro in modo da creare meno disagio agli studenti. L’accorpamento di scuole precedentemente autonome può avere due conseguenze per graduatoria interna e titolarità dei docenti:

  • I codici meccanografici delle singole scuole o indirizzi riuniti in una singola istituzione scolastica rimangono differenziati;
  • Le singole scuole o indirizzi accorpati in un  unica istituzione scolastica vengono identificate da un unico codice meccanografico;
  • Nel primo caso le graduatorie interne rimangono distinte per ogni scuola o indirizzo e i docenti conservano la titolarità nella specifica scuola o indirizzo facente parte dell’istituzione scolastica creata in seguito all’accorpamento, nel secondo caso le graduatorie interne sono unificate e i docenti risulteranno titolari nell’istituzione scolastica che comprende le diverse scuole o indirizzi accorpati. Parlando di istituzioni scolastiche che comprendono più scuole o indirizzi si fa riferimento agli Istituti Comprensivi per quanto riguarda scuola dell’Infanzia, scuola Primaria e scuola Secondaria I grado, o agli Istituti di Istruzione Superiore  per quanto riguarda la scuola Secondaria II grado.

 

 

L’istituzione degli Istituti Comprensivi e degli Istituti di Istruzione Superiori in seguito a dimensionamento scolastico, è stabilito nel D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) n. 233/98 dove nell’art.2 comma 2 si stabilisce che gli istituti scolastici, per acquisire o mantenere la personalità giuridica, “devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come termini di riferimento per assicurare l’ottimale impiego delle risorse professionali e strumentali”.

Nell’art.19 comma 4 del DL 98/2011 si stabilisce, infatti, che “Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere  dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Nel comma 5 del succitato articolo si precisa inoltre che “Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome”
Se le singole scuole non raggiungono gli indici di riferimento stabiliti dalla normativa viene, quindi, stabilita l’unificazione di scuole di diverso ordine (scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di I grado) in Istituti Comprensivi o l’unificazione di istituti secondari superiori di tipologie e indirizzi diversi (licei, tecnici, professionali, ecc.) in Istituti di Istruzione Superiore.

(orizzontescuola.it)

 

CAPITOLO TERZO: L’UNIVERSITA’ IN SARDEGNA

In questo capitolo analizzeremo il sistema Universitario della regione Sardegna, evidenziando i punti di forza e i punti di debolezza dei due atenei storici di Sassari e Cagliari. Nella valutazione che effettueremo prenderemo in considerazione e studieremo i dati estratti e rielaborati dai siti www.anagrafe.miur.it e www.istat.it. Nella nostra lettura esamineremo anche i dati Ocse per evidenziare lo stato di salute del mondo universitario sardo.
Gli studenti sardi che si iscrivono all’Università sono 47.569, di questi 37.612 sono iscritti nelle università sarde e i restanti 9.957 nel resto d’Italia o all’estero. Da un’analisi dei dati Istat ci si rende subito conto che il 79,1% sul totale dei ragazzi sardi studiano in Sardegna.
Le ragioni di questa scelta sono determinate non solo dalla posizione geografica svantaggiata della regione Sardegna, e quindi anche dalle scarse possibilità di raggiungere il resto d’Italia, ma soprattutto da cause di carattere economico.
Vedremo anche come gli studenti di cittadinanza straniera abbiano un ruolo importante all’interno delle Università italiane e sarde.
Questi vengono in Italia non solo per trascorrere il periodo di studio universitario, ma la maggior parte di loro (4 su 10) restano in Italia per maggiori opportunità di lavoro.
Nel complesso analizzeremo l’Università in Sardegna in relazione al resto d’Italia e metteremo in luce l’arretratezza della nostra regione soprattutto rispetto al Nord Italia.

 

 

 

 

3.1 ISCRITTI IN ITALIA

 

ISCRITTI IN ITALIA 2007/2008

Tipologia
di cittadinanza
Iscritti % Iscritti sul totale a tutte le lauree Maschi Femmine
Italiana
1.662.275
97,06%
725.558 936.717
Straniera 50.256 2,93% 20.471 29.785
Non fornita 153 0,01% 56 97
Totale 1.712.684 100,00% 746.085 966.599

Tab1

ISCRITTI IN ITALIA NEL 2012/2013

Tipologia
di cittadinanza
Iscritti % Iscritti sul totale a tutte le lauree Maschi Femmine
Italiana
1.654.370
96,04% 717.727 936.643
Straniera 68.202 3,96% 28.228 39.974
Non fornita 100 0,01% 40 60
Totale 1.722.672 100,00% 745.995 976.677

Tab2

Da queste due tabelle, la prima riguardante le iscrizioni all’Università in Italia negli anni 2007-2008, e la seconda le iscrizioni negli anni 2012/2013, emergono sia delle analogie che delle differenze. Possiamo notare che nel 2012 il 43% degli uomini è iscritto all’università mentre nel 2007 era leggermente superiore (43.6%). Mentre le donne iscritte nel 2012 sono il 56.6% rispetto al 56.3% del 2007. Per quanto riguarda invece gli iscritti di cittadinanza straniera il dato è aumentato notevolmente dal 2007 al 2012, sia maschi che femmine. Gli iscritti di cittadinanza non fornita nel 2012 sono diminuiti di poco rispetto al 2007. Tuttavia notiamo come nel corso degli anni ci siano state complessivamente più iscrizioni all’Università.

ISCRITTI IN ITALIA 2016/2017

Tipologia
di cittadinanza
Iscritti % Iscritti sul totale a tutte le lauree Maschi Femmine
Italiana 1.610.128 95,38% 719.342 890.786
Straniera 77.914 4,62% 33.301 44.613
Non fornita 44 0,00% 14 30
Totale 1.688.086 100,00% 752.657 935.429

Tab3

Il primo dato evidente in quest’ultima tabella risalente al 2016/2017 è purtroppo la notevole diminuzione di iscritti in Italia rispetto agli anni precedenti. Si può notare che il numero delle donne di cittadinanza italiana è diminuito con il 55.3%, mentre quello delle donne di nazionalità straniera è ancora in crescita (57.2%). Il numero di iscrizioni da parte degli uomini di cittadinanza italiana  (44.6%) quella straniera (42.7%) rispetto agli anni precedenti sono entrambi aumentati.

 

 

3.2 ISCRITTI IN SARDEGNA

ISCRITTI IN SARDEGNA 2007/2008

Ateneo Iscritti % Iscritti sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 32.758 12.741 20.017
Università degli studi di Sassari 14.320 5.131 9.189
Totale 47.078 2,75% 17.872 29.206

Tab4

ISCRITTI IN SARDEGNA 2012/2013

Ateneo Iscritti % Iscritti sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 28.336 11.275 17.061
Università degli studi di Sassari 13.212 4.690 8.522
Totale 41.548 2,41% 15.965 25.583

Tab5

In Sardegna troviamo due grandi Atenei storici: l’UNISS e l’UNICA, rispettivamente a Sassari e Cagliari.  Nella tabella n°4 (2007/2008) notiamo che Cagliari ha un maggior numero di iscritti rispetto a Sassari, in entrambi gli Atenei vi è un elevato numero di iscritti donne rispetto agli uomini. Mentre nella tabella n°5 (2012/2013) il dato da anno in anno diminuisce ma l’Ateneo di Cagliari ha sempre più iscritto rispetto a Sassari, anche qui vi è un maggior numero di iscritti donne rispetto agli uomini. Nel corso di 5 anni gli iscritti alle università sarde sono passati da 47.078 a 41.584. Gli studenti sardi occupano solo il 2,41% rispetto al totale Nazionale degli iscritti, un dato allarmante e ancora in netto calo. In seguito analizzeremo le cause di questa situazione in Sardegna.

 

ISCRITTI SARDEGNA 2016/2017

Ateneo Iscritti % Iscritti sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 25.779 10.620 15.159
Università degli studi di Sassari 12.326 4.521 7.805
Totale 38.105 2,26% 15.141 22.964

Tab6

Oggi 2017 continua a diminuire il numero degli iscritti, arrivando fino ad un totale di 38.105 iscritti. La percentuale rispetto alla Nazione è diminuita ulteriormente. Cagliari (25.779) detiene comunque il maggior numero di iscritti rispetto a Sassari (12.326). Il numero delle iscrizioni da parte delle donne(22.964) rimane superiore a quello degli uomini (15.141), nel 2017 è superiore del 20,6%.

LAUREATI IN SARDEGNA

LAUREATI IN SARDEGNA 2007/2008 (tab.7)

Ateneo Laureati % laureati sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 3.527 1.314 2.213
Università degli studi di Sassari 1.395 512 883
Totale 4.922 1,89% 1.826 3.096

LAUREATI IN SARDEGNA 2012/2013 (tab 8)

Ateneo Laureati % laureati sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 3.735 1.375 2.360
Università degli studi di Sassari 1.965 609 1.356
Totale 5.700 1.88% 1.989 3.716

Per quanto riguarda i laureati, la Sardegna occupa l’1,88% sul totale Nazionale nel 2012, percentuale ancora oggi in calo. Rispetto al 2007, nel 2012 il numero dei laureati sardi è ammontato da 4.922 a 5.700. L’università di Cagliari mantiene il primato con 3.735 laureati. Le femmine (3.716) laureate sono in maggioranza rispetto ai maschi (1.989) in entrambi gli atenei.

 

 

LAUREATI IN SARDEGNA 2015/2016 (tab 9)

Ateneo Laureati sul totale Nazionale % laureati sul totale Nazionale Maschi Femmine
Università degli studi di Cagliari 3.414 1.319 2.095
Università degli studi di Sassari 1.888 665 1.223
Totale 5.302 1,73% 1.984 3.318

Dati estratti e rielaborati dal sito anagrafe.miur.it il 12/12/2017

Le statistiche relative agli anni 2015/2016 ci dicono che il numero di laureati è diminuito ulteriormente dal 2012 passando da 5.700 laureati a 5.302. La percentuale è ancora scesa fino ad arrivare al’1,73%. Le donne laureate sono sempre in maggioranza (3.318) rispetto agli uomini (1.984).

In Sardegna il popolo della licenza media. Tanti analfabeti quanti laureati.

In Sardegna i laureati sono ancora un’esigua minoranza: 148.770 su 1.561.167 persone che hanno superato l’età scolare. Vuol dire un’incidenza del 9,52 per cento che è pressoché uguale a quella di analfabeti e alfabeti senza titolo di studio, i quali sono rispettivamente 19.903 e 129.177, per un totale di 149.080 residenti e un’incidenza del 9,54 per cento.
Dunque, in Sardegna laureati e persone senza alcuna istruzione si equivalgono, come risulta dal report Sardegna 2015 in cifre. Nell’Isola il titolo di studio prevalente è ancora la licenza media o l’avviamento professionale, con 544.203 persone, pari al 34,85 per cento della popolazione.
La seconda fascia più numerosa è composta dai diplomati alle superiori: sono 406.456 e valgono il 26 per cento. La licenza elementare, invece, è il titolo di studio che hanno conseguito in 308.835, cioè il 19,78 per cento. Chiudono i 3.823 sardi che hanno studiato nelle Accademie o conseguito titolo di studio universitario di tre anni. La loro incidenza è di appena lo 0,24 per cento.
Rispetto alla media nazionale, la Sardegna è sotto nelle fasce più alte dell’istruzione: nel resto della Penisola la percentuale media di laureati è del 10,80, contro il 9,52 isolano, come detto. Stesso discorso sui diplomati: in Italia valgono il 30,20 per cento della popolazione, in Sardegna il 26. Per contro, l’Isola è sopra la media nazionale per numero di analfabeti: i 19.903 censiti valgono l’1,2 per cento della popolazione, contro il 1,06 di media nazionale.

Gianna Zazzara, ‘’In Sardegna le poche borse di studio erogate sono tra le più basse d’Italia’’

La nuova Sardegna 18/11/2017

 

‘’L’importo delle borse di studio – che vengono erogate sia in base ai meriti accademici che ai bisogni economici delle famiglie – viene stabilito dalle autorità regionali. «C’è una vera e propria forbice tra gli importi delle borse di studio in Sardegna e i minimi previsti dal ministero – ha confermato Michele Camoglio, presidente dell’Ersu di Cagliari – Per non parlare del divario con le regioni più ricche, come la Lombardia. In Sardegna gli studenti fuori sede, invece di prendere 5.200 euro l’anno, il minimo fissato per legge, devono accontentarsi di 3.780 euro. Inoltre, è ridotta anche la platea dei beneficiari. Mentre secondo le indicazioni ministeriali hanno diritto al sostegno economico tutti gli studenti con un reddito Isee fino a 23mila euro, in Sardegna il limite è di 20mila. Per non parlare dell’alloggio. A Cagliari su 1030 idonei quest’anno hanno trovato posto solo 607 ragazzi». E questo nonostante il drammatico calo delle immatricolazioni. «Negli ultimi 10 anni a Cagliari abbiamo perso 10mila studenti». Situazione analoga a Sassari. «Uno su tre non ha diritto all’alloggio – ha protestato Antonio Pala, dell’Udu – e quest’anno in 593 sono ancora in attesa di ricevere la borsa di studio». Sono i famosi «idonei non beneficiari», cioè studenti che per merito e reddito hanno diritto alla borsa di studio ma non la ottengono per mancanza di fondi. «È una situazione che negli ultimi due anni è stata risolta, sia a Sassari che a Cagliari – ha assicurato l’Ersu – Tutti gli idonei hanno ricevuto e riceveranno la loro borsa di studio». Anche se a volte questo avviene quando il corso universitario è già partito. «Un problema serio per molti studenti e le loro famiglie», ha sottolineato il rappresentante degli studenti di Sassari
Sembra incredibile, ma la Sardegna, oltre ad avere una delle percentuali di laureati tra i 30 e i 34 anni tra le più basse in Europa – appena il 17,2% – e un altissimo tasso di abbandono al primo anno del corso universitario, dà ai ragazzi solo le briciole”.

Le università dell’isola (Sassari e Cagliari) non hanno scalato la classifica annuale stilata dal Sole24ore. Sassari è retrocessa di due gradini, passando dalla 48esima posizione del 2015 alla 50esima del 2016, mentre Cagliari si è posizionata al 59esimo posto conquistato nel 2016.
L’Università di Sassari è al settimo posto nell’indicatore degli stage e della mobilità internazionale, seguita a poca distanza da Cagliari. E’ positivo anche il dato sulla sostenibilità, infatti Sassari è 19esima e Cagliari 30esima. Ma ci sono anche risultati negativi, come quelli che riguardano l’efficacia (Sassari 53esima e Cagliari 56esima su 61), e la competitività della ricerca (Sassari risulta 48esima mentre Cagliari è penultima).
Cagliari e Sassari sono vicine alla vetta nella classifica dei grandi e medi atenei statali italiani. Lo dicono i dati del Censis, che ha analizzato le università del nostro Paese prendendo in considerazione alcuni parametri, quali le borse di studio, l’internazionalizzazione, comunicazione e servizi digitali, le strutture e i servizi.
L’università del capoluogo sardo, che rientra nella categoria dei grandi atenei, avendo un numero di iscritti compreso tra 20 e 40mila, ha raggiunto il sesto posto (due anni fa era all’ottavo), con 86 punti ed è stato superato solo da Perugia (94,8), Pavia (91,6), Parma (89,6), Modena e Reggio Emilia (87) e Calabria (con 86,4). In particolare, l’ateneo cagliaritano ha ottenuto il punteggio più alto (101, seconda è Pavia) proprio per quanto riguarda l’indicatore delle borse di studio.

Con oltre 344mila euro, l’Università degli Studi di Sassari ha ottenuto il cofinanziamento più elevato tra tutti gli Atenei italiani per il programma Erasmus Traineeship finalizzato alle mobilità per tirocinio. Il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha riconosciuto l’impegno dell’Ateneo che nel settore della mobilità internazionale è stabilmente ai primi posti in Italia per quantità di flussi in entrata e in uscita, importi delle borse e qualità delle pratiche. “La mobilità internazionale è un tema strategico nella nostra visione di Università – dichiara il Rettore Massimo Carpinelli – Attraverso l’Erasmus e gli altri programmi di scambio, vogliamo continuare a offrire ai nostri studenti un futuro di opportunità”.
Nel 2017 il programma Erasmus celebra il trentesimo anniversario. Per l’Università di Sassari, questo è il quarto anno di fila ai vertici di questa graduatoria sul cofinanziamento MIUR delle mobilità internazionali per tirocinio, prima degli atenei di Pisa, Bologna, Genova e Firenze. “Il risultato è dovuto alle 333 borse di tirocinio (in media 700 euro mensili), attribuite nell’anno accademico 2014-2015 ai propri studenti per la partecipazione a esperienze di lavoro, formazione e ricerca in enti e istituzioni pubbliche o private dell’Unione Europea – spiega il Delegato del Rettore alla Internazionalizzazione, Erasmus e Mobilità studentesca Luciano Gutierrez – Nel 2015/16 le borse complessivamente attribuite a fini di traineeship sono state 364”.

FONTE: REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

 

3.3 ORIENTAMENTO ALL’UNIVERSITA’ IN SARDEGNA

Per combattere il fenomeno della dispersione universitaria, l’abbandono degli studi e il calo del numero dei giovani laureati, la regione Sardegna investe 7.000.000 di euro nei programmi di ‘’Orientamento all’istruzione universitaria o equivalente’’ per gli anni 2017-2021. L’esigenza nasce dal fatto che solo il 17% degli studenti isolani consegue il titolo di laurea.
La Regione presta particolare attenzione all’orientamento universitario con l’obiettivo di innalzare i livelli di competenze e di successo formativo da raggiungere attraverso l’orientamento in ingresso, anche in rapporto alle esigenze del mondo del lavoro, per contrastare così il fenomeno dell’abbandono universitario dopo i primi mesi di corso.
Sono previsti infatti appositi percorsi che mirano a dare allo studente l’opportunità di conoscere i temi, le aree disciplinari, gli ambiti professionali e i settori emergenti, test di autovalutazione in base ai diversi corsi di studio ed esperienze, e momenti significativi di vita universitaria. La verità è che dopo le Superiori molti studenti, soprattutto quelli iscritti al primo anno dopo il diploma, sbagliano la scelta del corso, perché non hanno testato prima le loro attitudini.
I potenziali beneficiari del programma saranno i 116mila studenti delle Superiori, a cominciare dal terzo anno fino al quinto, e anche agli universitari appena iscritti. La sintesi è questa: il potenziamento dell’orientamento nelle scuole Superiori, perché i futuri diplomati possano testare prima le loro conoscenze e competenze rispetto ai requisiti richiesti dagli atenei.

 

 

 

 

3.4 MOBILITA’ INTERNA

Esattamente 9.689 giovani sardi studiano nelle università italiane fuori dall’isola. Lo rilevano i dati pubblicati dal Sardinian Socio – Economic Observatory che fa una stima sulla spesa sostenuta dalle famiglie. I numeri analizzati sono stati estrapolati dalle tabelle del miur e dicono che l’esercito degli oltre 9.000 è pari al 20,15%, ossia un quinto, del totale dei ragazzi sardi iscritti all’università. La regione che ospita più studenti sardi è il Lazio, col 21,6%, al secondo posto troviamo la Lombardia, col 17,1%; seguono la Toscana (15,7%), il Piemonte (15,6%), e l’Emilia Romagna (12,8%). Infondo alla classifica delle regione scelte dagli studenti sardi troviamo invece Molise, Valle d’Aosta e Calabria. A emigrare maggiormente per motivi di studio sono principalmente i giovani che abitano nel nord Sardegna. In provincia di Sassari (territorio Olbia – tempio) sono il 36% degli studenti a optare per soluzioni al di fuori dell’isola, il 31% a Nuoro e il 26% in Ogliastra. Sono solo 585 gli studenti che alla penisola si spostano in Sardegna per gli studi universitari, l’1,5% degli iscritti, un dato che indica la scarsa attrattività degli atenei sardi.

Torino 1592
Pisa 1029
Roma 1107
Milano 1101
Bologna 964


Gianna Fregonara, La Stampa 26-09-2017.
“Nel 2015 sono partiti più di 100.000 giovani, la metà hanno meno di 40 anni, un terzo sono laureati.
Se si considerano i cittadini italiani emigrati con più di 24 anni, il 31% hanno una laurea: la media di laureati tra i cittadini italiani è del 14,8%. Nel corso degli anni sono cambiate le motivazioni che hanno spinto i cittadini italiani ad emigrare all’estero, se prima partivano gli scarsamente acculturati per trovare maggiori opportunità di lavoro, oggi 2017, come ha sottolineato Antonio Schizzerotto ne ‘’La Stampa’’, parte la ‘’Meglio gioventù’’ ovvero i giovani laureati. “Questo dato è una delle tante dimostrazioni dell’impoverimento del nostro Stato che esporta medici i ingegneri e importa badanti. I giovani vanno soprattutto in Europa, Regno Unito e Germania, almeno fino alla Brext sono state le due mete preferite dagli emigrati, seguite da Svizzera e Francia”.

DIFFERENZE TRA NORD E SUD D’ITALIA

Dall’analisi dei dati rilevati dall’Anagrafe Miur sono emerse notevoli differenze tra il Nord e il Sud Italia. In Sardegna gli studenti universitari, per cause di natura geografica ed economica, tendono a rimanere a studiare nell’isola (Sassari 96,2% – Cagliari 98,7%). Questo fenomeno è diffuso anche in altre regioni del Sud Italia come la Sicilia, in cui gli studenti sono concentrati a Messina per il 75,37%, a Palermo per il 99,1% e a Catania per il 99,19%. Un po’ più a Nord, precisamente nel territorio calabrese, le percentuali dei giovani che rimangono per motivi di studio nella propria regione aumentano. Le provincie di Reggio Calabria con il 95,46%, Cosenza con il 91,78% e Catanzaro con il 92% presentano le percentuali più elevate per quanto riguarda questo fenomeno. Dunque mettendo a confronto la Sardegna e le regioni del Sud con il Friuli Venezia Giulia, le cui provincie Trieste e Udine segnano rispettivamente il 60,86% e 71,88%, notiamo che al Nord vi è una maggiore propensione allo scambio culturale rispetto al Sud. La migrazione degli studenti avviene soltanto dal Sud verso il Nord e non il contrario, a causa della maggiore attrattività delle Università del settentrione d’Italia.

 

 

 

 

    

La regione che ospita più fuorisede sardi è il Lazio, col 21,6% degli immatricolati, ossia 2.091 persone. Roma (con la sua provincia) la città più frequentemente scelta: 2036 giovani si trovano là per i loro studi. Seconda regione la Lombardia: nelle sue università studia il 17,1% dei nostri concittadini fuorisede (1.654 persone), con una forte concentrazione su Milano (1.188 studenti). Seguono la Toscana, 15,7% il Piemonte, 15,6% e l’Emilia Romagna 12,8%, tutte sopra i mille studenti provenienti dalla Sardegna. In fondo alla classifica delle regioni scelte dagli studenti sardi, troviamo invece Molise, Valle d’Aosta e Calabria che sommate assieme, fanno registrare appena sedici studenti provenienti dalla Sardegna.

 


Grafico tre

 

SSEO ha provato a calcolare i costi sostenuti dalle famiglie sarde per gli studi e il mantenimento dei figli nelle altre regioni italiane: stimando le spese per tasse, libri, vitto, alloggio e viaggi, e tenendo conto della possibilità di accedere a borse di studio, è possibile valutare che ogni studente fuorisede costi fra gli 8.000 e i 10.000 euro l’anno.
Ciò ci porta a stimare che la somma spesa per questa “emigrazione per studio” si aggiri fra i settantacinque e i 95 milioni di euro annui.
Solo 585 sono i giovani provenienti dalle altre regioni italiane che sono immatricolati nelle due università sarde, l’1,5% degli iscritti. La spesa stimata per i loro studi e mantenimento sull’isola si può stimare in poco meno di 5 milioni di euro.

Grafico 3

 

Discorso a parte merita la propensione degli studenti sardi a emigrare per provenienza provinciale. In questo caso è evidente come a emigrare siano in media più portati gli studenti maggiormente distanti dalle sedi universitarie. In provincia di Olbia – tempio è addirittura il 36% degli studenti a preferire soluzioni al di fuori della Sardegna, il 31% a Nuoro e il 26 in Ogliastra. Valori più bassi vengono registrati invece in tutte quelle aree, dove gli spostamenti consentono una fruizione quotidiana della didattica senza la necessità di ricercare alloggio.

3.5 MOBILITA’ ESTERNA

A metà degli anni sessanta gli studenti esteri erano diecimila, nel 2011 erano pari a 51.947, a questi ne vanno aggiunti altri iscritti ai corsi post-laurea, vanno anche assommati 20.000 studenti che compiono brevi periodi di studio in Italia. Complessivamente sono circa diecimila gli studenti stranieri iscritti in Italia alla frequenza universitaria. Bologna è al primo posto nelle iscrizioni degli studenti non comunitari; Politecnico di Torino e Milano (oltre 20%); molte iscrizioni anche a Genova e Firenze, alla Sapienza di Roma. Stando alle rilevazioni offerte dall’European Migration Network nel suo ultimo rapporto sugli studenti internazionali in Italia, i corsi di laurea con più attrattiva sono economia, ingegneria e medicina. La maggior parte degli studenti non comunitari, l’essere venuti in Italia per motivi di studio rappresenta una scelta che offre buone prospettive di carriera (24,5%), sia nella propria patria sia in altre nazioni.
L’Italia perde laureati ma riesce ancora a importarne: a quanto emerge dall’incrocio di dati Miur e Istat, matricole e iscritti stranieri nelle università italiane sono più che raddoppiati tra 2003 e 2013.
Quanto agli atenei, è l’Alma Mater di Bologna a confermarsi tra i più “cosmopoliti”: 899 matricole internazionali nel 2014, 122 delle quali iscritte al corso di scienze dell’economia e gestione aziendale.
Al di là di tradizione e qualità didattica, l’Ocse rileva come l’Italia sia tra i pochi Paesi a non applicare rette maggiorate per gli studenti non comunitari.

 

Grafico 4

Come si può notare dal grafico qua sopra, il 14,6% degli studenti proviene dalla Romania , il 13,6% dall’Albania, il 9% dalla Cina, il 4,5% dall’Ucraina ,il 4,2% dalla Moldavia, il 4,1% dal Marocco.

 

CAPITOLO QUARTO: TRENTINO ALTO-ADIGE

4.1 ANALISI TERRITORIALE

Le regioni a statuto speciale, che sono previste dall’articolo 116 della Costituzione, non vennero decise tutte insieme, sono nate con motivazioni parzialmente diverse. Inizialmente le regioni a statuto speciale furono quattro: Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. L’autonomia del Trentino nasce dall’accordo italo-austriaco il 5 Settembre 1946 a Parigi, la legge effettiva venne promulgata il 26 Febbraio del 1948. In seguito nel 1972 ci fu un secondo statuto che ampliò le competenze e le facoltà delle Province di Trento e Bolzano rispetto al passato. Vennero stabilite delle norme speciali relative all’uso della madrelingua e ai settori scolastici, culturali e etnici.

4.2 DEMOGRAFIA

Popolazione al 1° gennaio 2017
Sesso Maschi Femmine Totale
Territorio
Trento 263650 274954 538604
Bolzano 258948 265308 524256

 

Il Trentino Alto-Adige è una regione a statuto speciale, comprende 1,056 milioni di abitanti; la percentuale degli abitanti del trentino in Italia è del 1,7%. Il 51% della popolazione è composto da donne. Osservando la tabella che riporta i dati i dati ISTAT notiamo che la popolazione è pressoché simile in entrambe le Province, leggermente superiore a Trento. Sia a Trento che a Bolzano vi è un maggior numero di donne.

 

Stranieri al 1° gennaio 2017
Sesso Maschi Femmine Totale
Territorio
Trento 21393 25063 46456
Bolzano 21969 24825 46794

 

La percentuale degli stranieri in Trentino è dell’ 8,8%. Costatiamo che in entrambe le Provincia vi è più o meno lo stesso numero di straniere leggermente superiore a Bolzano. Come abbiamo verificato nella tabella precedente, il dato si ripete, anche qua possiamo notare un maggior numero di donne sopratutto nella Provincia di Trento.

La maggior parte degli stranieri proviene dall’Europa con il 65%, mentre il 15,3% dall’Asia e il 14,7% dall’Africa con minori percentuali sono gli stranieri provenienti dall’America, Oceania e Apolidi con il 4,9% totale.

In questo grafico possiamo notare come dal 2004 al 2011 in Trentino vi sia stato un incremento della popolazione straniera, nel 2012 vi è stata una leggera diminuzione mentre dal 2013 fino ad oggi i dati sono stabili. Ad oggi gli stranieri presenti in Trentino sono 93,250.

4.3 IL BILINGUISMO

Potremmo affermare che la legge del bilinguismo del Trentino sia molto innovativa e rispecchia perfettamente la divisione linguistica della popolazione. Le possibilità offerte dalla legge che consentono l’utilizzo delle diverse lingue in campi lavorativi e scolastici. Caratteristica peculiare della Regione Trentino Alto Adige è la coesistenza di tre gruppi linguistici: accanto al gruppo italiano sono presenti un consistente gruppo linguistico tedesco (circa 280.000 persone) che vive nella provincia di Bolzano, ed uno ladino (circa 18.000 persone) nella zona dolomitica.

SARDEGNA: a differenza di ciò che accade in Trentino Alto Adige la Sardegna insegue una regola completa sul tema, ma spesso si limita al’insegnamento delle scuole superiori. Non è stata ancora trovata la sintesi della lingua mancante da insegnare visto le differenze linguistiche presenti nelle varie zone dell’isola.

4.4 SISTEMA SCOLASTICO

La scuola della Provincia di Bolzano si suddivide in tre diversi sistemi scolastici (uno per ogni gruppo linguistico presente nel territorio) la scuola è suddivisa in: scuola dell’infanzia, scuola primaria (elementare), scuola secondaria di primo grado (scuola media) e scuola secondaria di secondo grado (superiore).

L’organizzazione della scuola, in lingua italiana, è divisa in:

  • 3 circoli didattici di scuole dell’infanzia (che raggruppano 45 scuole);
  • 12 istituti comprensivi (fanno parte scuola primaria e secondaria di primo grado);
  • 5 istituti pluricomprensivi (composti da scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e talvolta anche di secondo grado);
  • 11 scuole secondarie di secondo grado.

Oltre alle scuole pubbliche sono presenti sei scuole private paritarie e sono concentrate nella fascia che comprende le scuole secondarie di primo e secondo grado.

Le lezione in Alto Adige si svolgono nell’arco di 35 settimane. Nel complesso la scuola italiana del Trentino coinvolge circa 82.311 studenti:

SCUOLA maschi femmine ripetenti maschi+ femmine TOTALE
Infanzia 8567 7990 0 16557
Primaria 13971 13057 56 27028
1°grado 8791 8099 359 16890
2°grado 10338 11498 1365 2183

Analizzando la tabella con dati fornitaci dall’ISTAT possiamo verificare che nelle scuole dell’infanzia, primaria e di 1°grado vi è un elevato numero di iscritti maschi solo nella scuola di 2°grado emerge un numero maggiore di iscritte femmine. Mettendo a paragone i vari gradi di scuola siamo arrivati alla conclusione che il maggior numero di ripetenti si verifica nella scuola di 2° grado. Mettendo a confronto la scuola primaria con quella di 1° grado ci rendiamo conto che c’è un forte calo di iscritti.

4.6 STUDENTI STRANIERI

SCUOLA Studenti stranieri Bolzano 2012 Studenti stranieri Trento 2014
Infanzia 339 2398
Primaria 2588 3423
1°grado 1528 1917
2°grado 1453 1669

 

Nella tabella precedente vengono messe a confronto in anni diversi le due province (Bolzano e Trento ) e il numero di studenti stranieri che frequentano la scuola. Si può notare che per quanto riguarda la scuola dell’infanzia i bambini stranieri sono più frequenti a Trento. Un altro dato che emerge è che tra la scuola primaria e la scuola di 1° grado c’è un calo d’iscritti questo dato si ripete anche per la scuola di 2°grado in entrambe le Province.

4.7 UNIVERSITA’

UNIVERSITA’ Iscritti Laureati
Bolzano 3360 507
Trento 16445 3453

Prendendo visione della tabella ci rediamo subito conto che vi è un maggior numero di iscritti e di laureati a Trento con un totale di 19898 laureati e iscritti. A Bolzano possiamo evidenziare un numero abbastanza inferiore di laureati (507) rispetto ai laureati di Trento (3453).

Nella tabella sono visualizzati gli laureati per regione di residenza alla Libera Università di BOLZANO

Regione di Residenza
Nazionale Laureati
Laureati %Laureati
a Tutte le lauree su Ateneo
%Nazionale
Laureati
Maschi Femmine
PIEMONTE 3 0,59% 0,59% 0 0
LOMBARDIA 17 3,35% 3,35% 8 9
TRENTINO ALTO-ADIGE 334 65,88% 65,88% 89 245
VENETO 43 8,48% 8,48% 13 30
FRIULI VENEZIA-GIULIA 6 1,18% 1,18% 0 0
LIGURIA 4 0,79% 0,79% 0 0
EMILIA ROMAGNA 9 1,78% 1,78% 0 0
TOSCANA 3 0,59% 0,59% 0 0
MARCHE 3 0,59% 0,59% 0 0
PUGLIA 3 0,59% 0,59% 0 0
TOTALE 507 100,00% 100,00% 148 359

Da questa tabella emerge che la maggior parte degli universitari di Bolzano resta in Trentino per procedere gli studi con la percentuale del 65,88% mentre il 3,35% procede gli studi in Lombardia. Abbiamo rilevato un dato di notevole importanza ovvero che la maggior parte dei laureati dell’anno 2016 è prevalentemente femminile.

 

Nella tabella sono visualizzati gli laureati per regione di residenza all’Università degli Studi di TRENTO.

Regione di Residenza
Nazionale Laureati
Laureati % Laureati
a Tutte le lauree su Ateneo
% Nazionale
Laureati
Maschi Femmine
PIEMONTE 18 0,52% 0,52% 9 9
LOMBARDIA 262 7,59% 7,59% 118 144
TRENTINO ALTO-ADIGE 1336 38,69% 38,69% 624 712
VENETO 1129 32,70% 32,70% 586 54
FRIULI VENZIA-GIULIA 42 1,22% 1,22% 19 23
LIGURIA 17 0,49% 0,49% 9 8
EMILIA ROMAGNA 57 1,65% 1,65% 30 27
TOSCANA 28 0,81% 0,81% 12 16
UMBRIA 10 0,29% 0,29% 6 4
MARCHE 31 0,90% 0,90% 14 17
LAZIO 29 0,84% 0,84% 11 18
ABRUZZO 15 0,43% 0,43% 6 9
CAMPANIA 23 0,67% 0,67% 14 9
PUGLIA 66 1,91% 1,91% 28 38
BASILICATA 6 0,17% 0,17% 0
CALABRIA 12 0,35% 0,35% 7 5
SICILIA 73 2,11% 2,11% 33 40
SARDEGNA 14 0,41% 0,41% 6 8
Totale: 3453 100,00% 100,00% 1672 1781

Analizzando la tabella notiamo che come accade a Bolzano anche a Trento la maggior parte degli universitari si laurea in Trentino, con la percentuale del 38,69%. Come seconda scelta gli universitari di Trento scelgono principalmente di continuare gli studi in Veneto e Lombardia. In minor quantità procedono gli studi in Umbria, Calabria, Abruzzo, Sardegna e infine Basilicata. Sempre a Trento vi è un maggior numero di laureate donne.

 

 

Nella tabella sono visualizzate le lauree in tutti i Corsi, divise per Facoltà della Libera Università di BOLZANO.

Facoltà Laureati % Laureati
sul totale
Nazionale Laureati a Tutte le lauree
su Ateneo
% sul totale Nazionale
Nazionale Laureati
 

Maschi

Femmine
Economia 214 42,21% 0,07% 69 145
Scienze della Formazione 156 30,77% 0,05% 11 145
Design e Arti 56 11,05% 0,02% 16 40
Scienze e Tecnologie 43 8,48% 0,01% 26 17
Scienze e Tecnologie, Informatiche 38 7,50% 0,01% 26 12
Totale 507 100,00% 0,17% 148 359

Tra le varie facoltà che vi sono a Bolzano la più frequentata è quella di Economia con il 42,21% di laureati al secondo posto troviamo Scienze della Formazione con il 30,77% di laureati, la maggior parte sono donne. Quella meno richiesta è Scienze e Tecnologie Informatiche con il 7,50% di laureati, qui la maggioranza è maschile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella tabella sono visualizzate le lauree in tutti i Corsi, divise per Facoltà dell’Università degli Studi di TRENTO.

Facoltà Laureati % Laureati
sul totale
Nazionale Laureati a Tutte le lauree
su Ateneo
% sul totale Nazionale
Nazionale Laureati
Maschi Femmine
Facoltà non definita 2371 68,66% 0,78% 1154 1217
Giurisprudenza 295 8,54% 0,10% 102 193
Ingegneria 251 7,27% 0,08% 182 69
Economia 141 4,08% 0,05% 77 64
Lettere e Filosofia 141 4,08% 0,05% 44 97
Sociologia 98 2,84% 0,03% 35 63
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali 87 2,52% 0,03% 58 29
Scienze Cognitive 69 2,00% 0,02% 20 49
Totale 3453 100,00% 1,13% 1672 1781

Nella tabella possiamo evidenziare come nella Provincia di Trento le facoltà scelte con maggior frequenza dai laureati non sono definite con la percentuale di 68,66%, la seconda scelta è la facoltà di Giurisprudenza con il 8,54%, la scelta minore ricade sulla facoltà di Scienze cognitive con il 2,00%. Prevale sempre un numero maggiore di donne laureate.

PROVENIENZA STUDENTI NELLE UNIVERSITA’ DEL TRENTINO ALTO-ADIGE
Provenienza Trento Bolzano
Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale
Piemonte 46 43 89 5 12 17
Valle D’Aosta .. .. 3 .. .. ..
Lombardia 572 612 1184 32 77 109
Veneto 2711 2650 5361 74 186 260
Friuli Venezia-Giulia 101 117 218 7 21 28
Liguria 35 40 75 5 4 9
Emilia Romagna 163 203 366 21 47 68
Toscana 51 52 103 7 12 19
Umbria 27 24 51 .. .. 4
Marche 70 73 143 .. .. 4
Lazio 91 77 168 8 13 21
Abruzzo 40 46 86 .. .. 6
Molise 15 11 26 .. .. ..
Campania 59 48 107 .. .. 6
Puglia 225 295 520 12 8 20
Basilicata 11 16 27 .. .. ..
Calabria 29 22 51 .. .. 4
Sicilia 182 205 387 5 4 9
Sardegna 31 42 73 .. .. 3
TOTALE 4459 4546 9038 176 384 587

 

Con questa tabella si evidenzia da quali regioni arrivano gli studenti a Trento e Bolzano. Si può subito evidenziare che la maggior parte degli studenti arrivano dalle regioni confinanti con il Trentino, come il Veneto e la Lombardia. Mentre in minoranza arrivano dalla Sardegna, Basilicata, Molise. Per quanto riguarda la Sicilia si può notare che vi è una buona percentuale di studenti che frequentano a Trento (387) molto diversa la situazione per quanto riguarda Bolzano (9). Un’altra importante differenza è che gli studenti scelgono più frequentemente le facoltà della Provincia di Trento. A Bolzano vi sono più studentesse.

 

CAPITOLO QUINTO: CONFRONTO SULL’ISTRUZIONE TRA LA SARDEGNA E IL TRENTINO ALTO ADIGE

5.1 ORIENTAMENTO SCOLASTICO
L’analisi del sistema scolastico sardo parte dalla constatazione della grave pecca che lo affligge: la mancanza dell’orientamento scolastico. Riteniamo sia fondamentale un sistema centralizzato dell’orientamento con un metodo definito e generale, ma che riguardi nello specifico gli studenti o ragazzi come singolo.
L’orientamento infatti consiste nell’indirizzare una persona verso un progetto di vita e va effettuato progressivamente durante le fasi dello sviluppo della persona.  Si tratta di un processo che l’individuo deve seguire quando deve fare una scelta personale o professionale nella propria esistenza. Le attività di orientamento sono volte a formare e potenziare la capacità degli studenti di conoscere se stessi e l’ambiente in cui vivono affinché possano diventare protagonisti di un personale progetto di vita. L’obiettivo finale dell’orientamento consiste nell’inserire validamente i ragazzi all’interno della società.
Un mancato o insufficiente orientamento porta al fenomeno della DISPERSIONE SCOLASTICA, ovvero l’abbandono dei servizi di istruzione da parte dei giovani.
Successivamente analizzeremo che negli ultimi anni in Sardegna, come nel resto dell’Italia, c’è una situazione di progressiva diminuzione del tasso di dispersione. Possiamo notare però che il tasso di dispersione ha un livello sempre più alto in Sardegna rispetto alla media nazionale.
Osserveremo anche come il calo della dispersione in Italia sia stato costante, mentre in Sardegna il tasso di dispersione è abbastanza irregolare negli anni.

 

ORIENTAMENTO IN SARDEGNA

La Sardegna è la seconda regione in Italia, con la Campania, per numero di ragazzi che, in condizioni di disagio, hanno lasciato precocemente la scuola.

In Sardegna c’è una mancata politica di orientamento. Mentre in Trentino si fa una valutazione di carattere psicologico, motivazionale e familiare delle persone in modo da disegnare percorsi personalizzati. Invece in Sardegna si promuovono campagne di comunicazione per attrarre gli studenti verso le scuole, ma senza effettuare una valutazione soggettiva come nel percorso descritto del Trentino Alto Adige.

 

 

 

 

IL TRENTINO ALTO ADIGE: PROGETTI PONTE

COSA SONO E A COSA SERVONO

I progetti ponte sono progetti di orientamento sia tra la scuola secondaria di primo grado e la scuola secondaria di secondo grado che tra la scuola secondaria di primo grado e gli Istituti/centri di formazione professionale.
Si tratta di percorsi didattico- esperienziali che mirano a:

  • favorire la continuità educativo – didattica nel momento del passaggio da un ordine di scuola ad un altro;
  • favorire la conoscenza di sé e dei propri limiti nel processo di scelta della scuola;
  • facilitare la conoscenza reciproca tra studente e scuola di accoglienza.

Quindi gli obiettivi di questi progetti sono:  garantire ad ogni studente la continuità didattica, attenuare i disagi che talvolta si presentano nel passaggio tra i diversi ordini di scuola, tutelare e favorire l’autostima, prevenire l’insuccesso scolastico.

 

LEGGE PROVINCIALE SULLA SCUOLA

Legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5

Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino

Materia: 3.3.1. – Scuola
Disposizioni intruse: 1.6.2. – Organizzazione e personale: articoli 84 – 103
2.1.1. – Agricoltura e agriturismo: art. 31
3.3.2. – Assistenza ed edilizia scolastica: articoli 70 – 83 e 105 – 109
3.3.3. – Formazione professionale: articoli 36, 43, 54, 55 e 64 – 67
3.4. – Scuola dell’infanzia e asili nido: articoli 2, 8, 14, 30, 35, 39, 47, 49, 54, 72, 105, 106, 107 e 111
3.7. – Minoranze etniche e linguistiche: articoli 3, 18, 22, 39, 45 – 52, 95, 97 e 98
Originato da:  

disegno di legge n. 129/XIII di iniziativa giuntale

 

 

In Trentino è prevista una formazione per tutti. La provincia di Trento ha previsto nel 2006 la riorganizzazione del sistema scolastico provinciale con la Legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 chiamata Sistema educativo di istruzione e formazione del Trentino.

La formazione per tutti prevede un sistema di orientamento e istruzione per tutte le classi di età e comprende sia il sistema di formazione classico presente in tutto lo Stato italiano, che la formazione triennale nel secondo ciclo di studi e la formazione per gli adulti.

La successione storica inizia con la legge di riordino della materia nel 2006 con evidenziata all’articolo numero 1 la divisione dell’applicazione della legge stessa. Progressione temporale che continua negli anni con tutta una serie di decreti attuativi che esplicitano i singoli temi.

Si inizia nel 2010 con il regolamento sulla valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e della capacità relazionale degli studenti. Nell’articolo 1 sono definiti le istituzioni scolastiche provinciali e paritarie del Trentino, i criteri e le modalità per attuare:

  • la valutazione degli apprendimenti e della capacità relazionale degli studenti;
  • la certificazione delle competenze acquisite dagli studenti;
  • i passaggi da un percorso all’altro o tra indirizzi del medesimo percorso nel secondo ciclo di istruzione e formazione;
  • le forme di raccordo con la valutazione degli studenti disciplinata dalla normativa statale.

 

 

 

Per i fini di questo regolamento valgono le seguenti definizioni:

  • “capacità relazionale”: capacità dello studente di assumere, nell’ambito dell’attività scolastica, comportamenti corretti e responsabili nel rispetto delle regole, delle persone e delle cose, nonché di partecipare in modo attivo e costruttivo alla vita della scuola;
  • “giudizio globale”: valutazione, espressa in forma discorsiva, della capacità relazionale, dei processi e dei risultati complessivi di apprendimento dello studente nel primo ciclo d’istruzione;
  • “competenza”: comprovata capacità di utilizzare, in modo responsabile e autonomo, conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e metodologiche in situazioni di studio e in esperienze formative.

(decreto del presidente della provincia 7 ottobre 2010, n. 22-54/Leg, Articolo n°1)

 

Nel 2011 con il regolamento stralcio si definiscono i piani di studio provinciali relativi ai percorsi del secondo ciclo e della disciplina sulla formazione in apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

Art. 1

  • Questo regolamento, in attuazione dell’articolo 55 della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5, definisce i piani di studio provinciali del secondo ciclo, relativi ai percorsi di istruzione e a quelli di istruzione e formazione professionale, nel rispetto dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 405 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino – Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Trento).
  • Questo regolamento, in attuazione dell’articolo 66 della legge provinciale sulla scuola, definisce inoltre gli obiettivi generali del processo formativo da conseguire nel corso del contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, nonché il monte ore minimo da destinare esclusivamente alla formazione di base a carattere trasversale diversa da quella a carattere professionalizzante.

 

 

Art. 2          Articolazione del secondo ciclo

  • Ai sensi dell’articolo 54, comma 2, lettera c), della legge provinciale sulla scuola, il secondo ciclo comprende percorsi di istruzione della durata di cinque anni – strutturati in due periodi biennali e in un ulteriore periodo annuale – nonché percorsi di istruzione e formazione professionale articolati in tre, quattro o cinque anni, in coerenza con la normativa statale vigente e secondo quanto previsto dall’articolo 8.
  • 1 bis. Negli istituti tecnici l’indirizzo “Agraria, agroalimentare e agroindustria, articolazione viticoltura ed enologia”, previsto dall’allegato B, della durata di cinque anni, si sviluppa in un ulteriore anno ai fini del conseguimento della specializzazione di “Enotecnico”, secondo quanto previsto dal decreto interministeriale 24 aprile 2012 (Definizione degli ambiti, dei criteri e delle modalità per l’ulteriore articolazione delle aree di indirizzo dei percorsi degli istituti tecnici (di cui agli articoli 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88) negli spazi di flessibilità previsti dall’articolo 5, comma 3, lettera b) del citato decreto presidenziale). Questo ulteriore anno può essere attivato nel limite delle dotazioni organiche del personale docente a tal fine previste dal previgente percorso sperimentale per l’anno scolastico 2014-2015.
  • Ai percorsi del secondo ciclo sono collegati i percorsi di formazione in apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione secondo quanto previsto dal capo IV.

Note al testo

Articolo così modificato dall’art. 6 del d.p.p. 6 agosto 2015, n. 11-25/Leg.

 

 

Art. 4

Caratterizzazione del primo biennio del secondo ciclo

Ai sensi della normativa statale nel primo biennio del secondo ciclo è assolto l’obbligo di istruzione, pertanto tale biennio si caratterizza per la sua continuità con i percorsi del primo ciclo di istruzione, per la sua finalità formativa e orientativa, e per la sua unitarietà a garanzia dell’equivalenza formativa entro l’obbligo di istruzione. In questo quadro le istituzioni scolastiche e formative portano a compimento i curricoli verticali previsti dai piani di studio provinciali del primo ciclo di istruzione, approvati con il decreto del Presidente dalla Provincia 17 giugno 2010, n. 16-48/Leg (Regolamento stralcio per la definizione dei piani di studio provinciali relativi al percorso del primo ciclo di istruzione (articolo 55 della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5), assicurando, in particolare, l’insegnamento delle lingue straniere europee tedesco e inglese.

(decreto del presidente della provincia 5 agosto 2011, n11-69/Leg)

 

 

 

 

Nel 2015: regolamento sull’assetto organizzativo e didattico dell’educazione degli adulti in provincia di Trento

 

Art. 1

  1. Questo regolamento, in attuazione degli articoli 68, 69 e 69 bis della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 (legge provinciale sulla scuola), definisce l’assetto organizzativo e didattico dell’offerta dell’educazione scolastica e formativa in età adulta nell’ambito del sistema educativo provinciale, al fine di migliorare la capacità dello stesso di interpretare e di rispondere ai bisogni formativi dei singoli territori, accompagnandone lo sviluppo culturale, sociale ed economico.
  2. La Provincia, attraverso l’assetto organizzativo e didattico definito da questo regolamento, in particolare:
    1. promuove la crescita personale, culturale e professionale degli adulti;
    2. concorre al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione europea in materia di istruzione e formazione della popolazione adulta;
    3. migliora l’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili nella prospettiva di una maggiore efficienza ed efficacia del sistema.
  3. Questo regolamento definisce i criteri e le modalità di valutazione nonché di riconoscimento delle competenze degli adulti acquisite nell’apprendimento formale, non formale e informale, nell’ambito della definizione dell’offerta formativa rivolta agli adulti, in coerenza con le finalità previste dalla legge provinciale 1 luglio 2013, 10 (Interventi per favorire l’apprendimento permanente e la certificazione delle competenze).

 

Art. 3

Offerta scolastica e formativa rivolta agli adulti nel sistema educativo provinciale

  1. La Giunta provinciale definisce, nell’ambito del piano provinciale per il sistema educativo e del relativo documento annuale di attuazione previsti dall’articolo 35, della legge provinciale sulla scuola, l’offerta scolastica e formativa rivolta agli adulti da realizzarsi da parte delle istituzioni scolastiche e formative del secondo ciclo.
  2. L’offerta scolastica e formativa rivolta agli adulti è definita nei documenti di programmazione di cui al comma 1, secondo:
    1. criteri di ottimale distribuzione sul territorio delle istituzioni scolastiche e formative, al fine di soddisfare in modo efficace ed efficiente i bisogni della comunità trentina, facilitare il rapporto con gli utenti e promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita;
    2. i percorsi di istruzione e di istruzione e formazione professionale previsti dall’articolo 7.
  3. Le istituzioni scolastiche e formative realizzano il servizio educativo rivolto agli adulti, progettando ed erogando l’offerta di istruzione e formazione prevista dal sistema educativo provinciale secondo i percorsi di cui agli articoli 7,8, 9 e 10.
  4. Per l’erogazione dell’offerta formativa rivolta agli adulti le istituzioni scolastiche e formative possono chiedere una compartecipazione ai costi sostenuti, con particolare riferimento ai corsi di cui all’articolo 7, comma 6.

(decreto del presidente della provincia 18 dicembre 2015, n. 20-34/Leg)

 

5.2 DISPERSIONE SCOLASTICA

Si è cercato in tutta l’Europa di limitare il fenomeno della dispersione scolastica. L’inadeguatezza del livello di competenze dei cittadini giovani e adulti è considerata uno dei fattori di stagnazione dell’economia europea poiché anche per quelle professioni che in passato richiedevano qualifiche di basso livello, ora occorrono sempre più qualifiche di medio o addirittura elevato livello. Ciò significa che per le persone con titoli formali di basso livello sarà più difficile in futuro trovare un impiego. Inoltre, gli studenti che abbandonano precocemente la scuola sono i più esposti alle lusinghe della criminalità organizzata.

ITALIA

Il divario dell’Italia con il dato medio europeo è più accentuato per la componente maschile (22% contro il 16%) in confronto a quello femminile (15,4% contro il 12,2%).

La fascia di maggiore criticità per quanto riguarda l’abbandono scolastico è quella dei giovani iscritti al biennio della scuola secondaria di secondo grado.

Giacomo Zagardo nel 2010, in uno studio dell’ISFOL, afferma che uno dei passaggi critici  riguarda proprio la transizione dalla scuola obbligatoria alla secondaria superiore segnata da una scia di abbandoni.

Un altro fatto allarmante è che la crisi economica abbia aumentato il fenomeno dei giovani NEET (giovani che non studiano, né lavorano). I giovani NEET sono quelli che a scuola mostravano scarsa attenzione, un basso livello di motivazione e che avevano uno scarso supporto familiare.

Il fenomeno della dispersione è dovuto da una molteplicità di fattori raggruppabili in due gruppi:

  1. Caratteristiche individuali: sesso, nazionalità, età, diversa abilità;
  2. Caratteristiche del nucleo familiare di origine: genitori disoccupati o poco istruiti.

 

Anche Cederna nel 2011 osserva che la bassa istruzione dei genitori contribuisce al fallimento scolastico dei figli, e a sua volta genera nuove povertà poiché i giovani poveri di istruzione sono i primi candidati all’esclusione sociale.
Ulteriore fattore di abbandono è determinato dalla carenza di prospettive di lavoro e di incerte traiettorie di vita futura e quindi è dovuto anche a uno scarso orientamento.
Molti studenti che abbandonano precocemente gli studi mostrano negli anni della scuola dell’obbligo (fin dalla scuola primaria) scarso interesse, disaffezione e scarse abilità di base dovute a modalità di insegnamento tradizionali che non tengono alcun conto di forme alternative di apprendimento, comportamenti aggressivi, difficoltà di orientamento, scarsa collaborazione tra scuola e famiglia.
Spesso i ragazzi che abbandonano precocemente la scuola hanno scarse aspettative di successo per se stessi, hanno progetti di vita a breve termine e non riescono a immaginare un futuro professionale.
La soluzione a tutto ciò non può venire solo dal mondo della scuola. Sono necessari interventi mirati che, non solo aiutino i giovani a completare la loro istruzione e formazione, favorendo così il loro ingresso nel mercato del lavoro, ma modifichino strutturalmente il tessuto socio economico e culturale di riferimento.


SARDEGNA
In Sardegna c’è un tasso molto alto di dispersione scolastica rispetto al resto della nazione.
Inseriamo l’andamento del tasso di dispersione scolastica in Sardegna (elaborazione FLC Sardegna su fonte Istat- Eurostat)

Anno di rilevazione Tasso Sardegna Dato nazionale Differenza

(Sardegna – naz.)

2009 22,9 19,2 3,7
2010 23,9 18,8 5,1
2011 25,1 18,2 6,9
2012 25,5 17,6 7,9
2013 24,7 17,0 7,7
2014 23,4 15,0 8,4
2015 22,9 14,7 8,2
2016 18,1 13,8 4,3

Dalla tabella si può notare che negli ultimi anni in Sardegna, come nel resto dell’Italia, c’è una situazione di progressiva diminuzione del tasso di dispersione. Possiamo notare però che il tasso di dispersione ha un livello sempre più alto in Sardegna rispetto alla media nazionale.

Il fenomeno della dispersione scolastica interessa particolarmente le regioni del Sud Italia, dove, essendo relativamente facile trovare una collocazione professionale, i giovani sono spesso invogliati ad abbandonare precocemente gli studi. Ma questi stessi giovani che trovano lavoro precocemente sono poi quelli più facilmente espulsi dal mondo del lavoro e che trovano maggiore difficoltà a reinserirvisi.

La regione Sardegna presenta un sistema di istruzione e formazione più carente, appare più incerta nell’organizzazione di azioni di qualità e soprattutto dispone di minori risorse complessive. A differenza di altre regioni del Nord Italia dove, la possibilità di allargare le opzioni di scelta per i giovani in uscita dalla scuola secondaria inferiore, ha spinto le regioni a muoversi sulla base di due opzioni: la prima privilegia la permanenza prolungata nell’istruzione, a favore dello sviluppo delle competenze di base; la seconda invece privilegia il passaggio precoce al lavoro per i meno dotati, senza rinunciare ad una lievissima istruzione generale. La Sardegna invece ha adottato politiche miste e quindi appare in ritardo rispetto all’attivismo delle altre regioni.

5.3 FORMAZIONE PROFESSIONALE IN SARDEGNA

“Ci sono meno risorse per la formazione professionale, e crediamo che debba essere cambiata. Ci dispiace che questa volontà di cambiamento non sia completamente e concretamente condivisa e che ci siano state delle vischiosità per cambiamenti che riteniamo giusti. La formazione professionale in Sardegna è cresciuta in dismisura negli ultimi quindici anni. Ha occupato tutti gli spazi possibili, si è sostituita alla formazione statale, poi alla formazione professionale regionale ed è cresciuta a dismisura sui fondi POR. Questi fondi stanno comunque per diminuire, comunque c’è la necessità di riformare la formazione professionale in Sardegna. Non ci saranno risorse in futuro per mantenerla a questo livello. E all’interno di questo sistema della formazione, c’è una legge, che ormai è diventata inaccettabile, la cosiddetta legge 42 che fa si che 850 persone lavorino per gli enti di formazione, ma siano pagati dalla Regione sarda, senza che la Regione possa con facilità sapere se stiano lavorando o meno, e possa utilizzarli a tempo pieno . Noi nelle legge finanziaria abbiamo scritto che è necessario che dall’anno prossimo si porti a compimento l’eliminazione di questa legge 42. Queste persone devono essere ricollocate, aiutate con i prepensionamenti per chi ha l’età per essere mandata a riposo. Gli altri devono essere ricollocati in parte nella formazione privata ed essere pagati dalla formazione privata, in parte ricollocati nella formazione pubblica, in parte negli enti locali. Insomma, in tutte le possibilità che potranno essere intraviste. Ma non potrà più essere sostenuta una legge che prevede che la Regione rimborsi quasi a pié di lista 850 persone che sono nella disponibilità del mondo della formazione.”

Conferenza stampa sulla Finanziaria con il Presidente Soru e l’Assessore Pigliaru

Sala Giunta viale Trento – Cagliari 19 gennaio 2005

Da questo momento la formazione professionale subisce un duro colpo e viene ridimensionata sia per quanto riguarda l’erogazione dei fondi regionali sia per l’offerta dei corsi.

Il presidente Soru afferma che le cause di questo taglio sono economiche, per evitare di incorrere a debiti. Però, a distanza di dodici anni, non si è fatto più nulla per far ripartire la formazione professionale e questa mancata offerta per i giovani ha determinato la dispersione.

Negli anni a seguire i lavoratori hanno provato, anche tramite scioperi e proteste, di farsi sentire per migliorare la situazione della Sardegna.
Nel 2007 a Cagliari fu indetto uno sciopero: le segreterie regionali FLC-CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola, del Settore della Formazione Professionale, rilevano con grande preoccupazione la situazione drammatica in cui versano, ormai da anni, i lavoratori del settore della Formazione Professionale Sarda. Sono infatti sotto gli occhi di tutti i segni più evidenti di questo profondo stato di crisi: forte riduzione degli interventi di formazione ed enormi ritardi nell’avvio delle residue attività di formazione professionale, mancato pagamento degli stipendi del personale, riduzione del personale e riavvio di procedure di licenziamento.

Gli accordi firmati con la Giunta Comunale e che prevedevano una forte condivisione della necessità di una Riforma del sistema di formazione professionale, consapevoli della opportunità di una sua razionalizzazione e moralizzazione, della sua necessità però per il “Sistema Sardegna”, del bisogno di modernizzarla e renderla adeguata ai nuovi bisogni formativi erano rimasti lettera morta. La Riforma però doveva e poteva essere associata con la valorizzazione e la riqualificazione del personale occupato nel settore, rispettandone i diritti, innanzitutto quello al lavoro. I lavoratori stanno invece subendo i duri contraccolpi di una politica della Regione e degli Enti di Formazione chiaramente orientata alla “eliminazione” del personale, provocando un colossale disastro occupazionale.

La proposta del Sindacato è di “alleggerire” alcune pesantezze strutturali del sistema per un rilancio del settore riformato.  Soprattutto chiedono importanti “Piani” ed Azioni di formazione professionale in grado di soddisfare i bisogni formativi della società sarda, di dare risposte alle richieste dei giovani sardi e di dare lavoro agli operatori.

Il Sindacato richiede:

  1. di rispettare i diritti del personale, compreso il diritto alla mobilità tra gli enti;
  2. di non violare le norme vigenti e le regole dei Contratti Nazionali e locali;
  3. di pagare gli stipendi arretrati del personale e di revocare i licenziamenti o astenersi dal minacciarli.

 

Chiede inoltre alla regione:

 

  1. di dare alla Sardegna la Legge Regionale di Riforma della Istruzione e della Formazione Professionale;
  2. di dar corso ad importanti azioni di formazione per il lavoro e sul lavoro;
  3. di rendere concreta la ricollocazione negli Enti Locali, prevista dalla Legge, o nei Centri Pubblici di Formazione Professionali, sia Regionali che locali, degli operatori della formazione professionale;
  4. di riaprire le procedure per «l’incentivazione all’ESODO» per l’anno 2007;
  5. l’applicazione concreta della “clausola sociale” su tutti i bandi P.O.R. per l’utilizzo prioritario, nei corsi di formazione, del personale attualmente occupato nel settore;
  6. di garantire per tutto il tempo necessario alla realizzazione delle varie misure proposte, e certamente per il 2007, le risorse per finanziare l’operatività piena della L.R. n° 42/89 (risorse previste a favore dei lavoratori iscritti nell’albo previsto dalla legge 42/1989, per coprire l’assenza di attività formative);
  7. l’applicazione per l’anno 2007 della Cassa Integrazione al Settore della Formazione Professionale;
  8. di esercitare con forza e determinazione il suo ruolo di governo e di controllo sul sistema degli Enti di Formazione Professionale per il rispetto delle norme, anche amministrative impartite dalla stessa Regione (mobilità tra Enti, prioritario utilizzo del personale occupato, pagamento stipendi e licenziamenti di personale etc…).

 

 

Ignazio Ganga afferma: ”uno degli aspetti di maggior debolezza delle politiche attive per il lavoro è quello della formazione professionale, il cui ruolo è invece essenziale per promuovere nuovo lavoro nell’Isola. Da anni la Cisl invoca una norma che restituisca al sistema della formazione professionale la dignità che solo in Sardegna è stata tolta. Occorre”, aggiunge, “una formazione professionale che operi sul solco della costruzione di una filiera della conoscenza collegata al lavoro, insistendo maggiormente sui progetti di integrazione fra scuola e lavoro. Una riforma per ora annunciata e per la quale le parti sociali attendono ancora di essere convocate”. Inoltre, conclude Ganga, “serve una diversa partecipazione delle parti sociali regionali e territoriali alla programmazione delle azioni di politica attiva, in particolare quelle del Fondo sociale europeo, per il quale è atteso un recupero del ruolo partenariale nella programmazione delle risorse”.

 

Bonaria Spignesi (portavoce della rete di agenzie formative) spiega:” se non si fa in fretta la Regione rischia di perdere i fondi comunitari. Non solo, se la Regione non riuscirà a rendicontare le spese ed erogare quanto dovuto, dall’inizio dell’anno prossimo si rischia un vuoto nella formazione professionale perché gli enti non potranno avviare alcun corso”.

 

 

 

CISL-Cagliari, 5 luglio 2017-  Prosegue la mobilitazione dei lavoratori della Formazione professionale per sollecitare l’adozione d’interventi urgenti sullo stato di crisi del sistema regionale del settore. Con un sit in convocato dalla Cisl regionale presso la sede dell’Assessorato al Lavoro e alla Formazione Professionale oggi a Cagliari, i lavoratori sollecitano un incontro con l’Assessore Virginia Mura per chiedere interventi contro la crisi e garanzie occupazionali.

In particolare , tra le richieste all’Assessorato al Lavoro e FP, a tutta la Giunta Regionale ed anche al Consiglio Regionale, la convocazione urgente e l’apertura di un tavolo di trattativa per individuare soluzioni concrete finalizzate alla salvaguardia occupazionale dei lavoratori soprattutto per coloro che si trovano in condizioni di perdita del posto di lavoro; il rilancio del comparto attraverso l’adozione di un nuovo modello di governo del sistema delle Politiche Attive e della Formazione Professionale riconosciuto, innovativo, flessibile, coerente con i bisogni. Uno degli aspetti di maggior debolezza delle politiche attive per il lavoro è oggi quello della formazione professionale, il cui ruolo è essenziale per promuovere nuovo lavoro nell’Isola

 

IL DOCUMENTO CISL:

Da anni la Cisl sollecita una norma che restituisca al sistema della FP la dignità che solo in Sardegna gli è stata tolta. Formazione professionale che operi sul solco della costruzione di una filiera della conoscenza collegata al lavoro ancora troppo debole nell’Isola, insistendo maggiormente sui progetti di integrazione fra scuola e lavoro. Una riforma per ora annunciata e per la quale le parti sociali attendono ancora di essere convocate.

La Cisl sarda e la Cisl scuola pongono al centro del confronto con la Regione: manca ormai da troppi anni una strategia di lungo termine per lo sviluppo “non spot” del capitale umano della Sardegna con uno stanziamento annuale di risorse a valere sui fondi del Bilancio regionale che garantisca “in continuità” il diritto alla formazione e alle Politiche attive per i cittadini sardi e per il sistema produttivo e che permetta di superare la “limitazione” dell’utilizzo dei soli fondi della programmazione comunitaria che devono essere aggiuntivi e non sostitutivi all’interno di una visione di sistema di sviluppo della nostra Isola che traguardi almeno i prossimi tre anni.

La TUTELA E VALORIZZAZIONE DEGLI OPERATORI DELLA FP:
gli oltre 200 operatori della FP sono una risorsa strategica per la nostra regione, la loro tutela e la loro valorizzazione sono elemento fondante per un sistema che in costante “collaborazione con la regione sarda” offra opportunità di crescita, cittadinanza e sviluppo personale e professionale ai cittadini sardi. Vanno però affrontati alcuni nodi di criticità che ancora oggi permangono:

  • il primo attiene ai 16 operatori dell’ENAP SARDEGNA, licenziati e ancora privi di risposte concrete
  • Il secondo attiene ai lavoratori che sono all’interno di percorsi di solidarietà e prossimità, con la relativa riduzione oraria e stipendiale e sempre più a rischio di licenziamento ed infine per altri ancora maturano ritardi importanti di alcune mensilità di stipendi arretrati. Per questo la CISL rivendica e richiede in particolare al Consiglio Regionale, l’adozione di adeguate soluzioni normative relative all’inserimento nella lista speciale di cui all’art. 6 comma 1 lettera f della L.R. n. 3 del 05/03/2008 dei 77 lavoratori, illegittimamente esclusi da tale diritto.

La CISL auspica che questa possa essere, finalmente, l’occasione per portare ad un sistema compiuto, con un’offerta effettiva e costante nel tempo, per passare da un insieme saltuario di bandi (legati più alle esigenze della spendita e rendicontazione comunitaria del FSE) ad un catalogo quanto più ampio e continuo. Per la revisione strutturale e l’adozione di un nuovo modello di gestione dei pagamenti coerente e tempestivo con le esigenze di prossimità dell’azione di politica attiva e di Formazione Professionale, che i soggetti accreditati svolgono costantemente nel territorio.
Sarà quindi richiesto uno sforzo decisamente più intenso di quanto accaduto finora, ma allo stesso tempo si tratta, di un’ottima occasione per edificare un vero sistema di politiche attive del lavoro, in grado per davvero di rispondere ai bisogni dei lavoratori e di non lasciare per strada nessuno”.

FONTI:

www.orizzontescuola.it
www.istat.it
www.anagrafemiur.it
www.demoistat.it
www.sardegnaincifre.it
www.ilsole24ore.it
www.unionesarda.it
www.consiglio.provincia.it
La Stampa online
La Nuova Sardegna online
Sardinian Socio – Economic Observatory
Regione Autonoma della Sardegna

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